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Umbria, la regione arranca per colpa dell'inflazione

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I salari fermi al palo, lo shock dei prezzi energetici, l’alta inflazione hanno fatto sì che le famiglie a basso reddito andassero in sofferenza persino nei consumi essenziali, come le bollette e il cibo. Altroconsumo, l’associazione per la tutela e la difesa dei consumatori che conta 314 mila soci in tutta Italia, anche quest’anno ha misurato la temperatura al Paese con il suo “termometro” virtuale analizzando la capacità di spesa delle famiglie e quindi il benessere economico.

 

 

 


Tra i sei ambiti presi in considerazione ci sono le spese per l’abitazione, la salute, l’alimentazione, la mobilità, l’istruzione, la cultura e il tempo libero. Ebbene, sono proprio le voci relative all’abitazione e all’alimentazione quelle che in un anno (dal 2021 al 2022) hanno fatto registrare l’incremento maggiore di nuclei in difficoltà, passati rispettivamente dal 39 al 49% e dal 24 al 37%. Misurando la capacità di spesa delle famiglie con un indice che arriva a 100, a livello nazionale la media raggiunta si attesta a 45,2. Il più basso degli ultimi 5 anni. In Umbria il termometro scende a 41,5. Stanno peggio solo la Campania (41,2) e la Basilicata (40,5). 
Nei sei ambiti di spesa considerati, le voci che hanno messo più in crisi le famiglie sono quelle per l’auto (il 59% delle famiglie ha lamentato difficoltà a sostenerle anche per colpa del caro carburanti evidentemente), le bollette (55%), le vacanze (50%) e le cure dentistiche (49%). Inoltre in un anno sono aumentate, a livello nazionale, di 13 punti percentuali le famiglie in difficoltà per l’acquisto di cibo (passando dal 24 al 37%). In quest’ambito le voci di spesa che hanno generato più problemi sono carne e pesce (40%) oltre a frutta e verdura (37%). 

 

 

 


L’indagine di Altroconsumo evidenzia anche altri due aspetti importanti. 
Il primo. Se la sta cavando meglio chi abita nelle città di chi, all’opposto, risiede nei piccoli centri o nelle aree rurali. L’Umbria, terra di borghi e di piccole città, in questo contesto è chiaramente penalizzata. 
Il secondo. L’indice migliora anche in base al titolo di studio: le famiglie in cui entrambi i partner sono laureati mostrano una capacità di affrontare le spese ben più alta (48,6) rispetto a quelle in cui nessuno dei due ha conseguito la laurea (41,2). Ci si potrebbe mettere un terzo aspetto: quello legati ai salari che, oltre a restare al palo, in Umbria restano tra i più bassi d’Italia. In provincia di Perugia sono inferiori del 3,1% rispetto alla media nazionale, mentre in provincia di Terni il divario con la media nazionale si allarga di molto: -24%. I dati, che emergono dalle elaborazioni realizzate dal Centro Studi Tagliacarne sulle voci che compongono il reddito disponibile a prezzi correnti, la dicono lunga sulla situazione che stanno vivendo le famiglie del Cuore verde schiacciate dal peso dell’inflazione.