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Arezzo, gli amputano il pene, ma il tumore non c'era. Urologo sotto accusa

Luca Serafini
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L’intervento chirurgico è riuscito, l’amputazione del pene, ma il tumore non c’era e così l’urologo è sotto accusa mentre il paziente si ritiene vittima di un gravissimo danno: chiede di essere risarcito. Il delicato caso sanitario è oggetto di un fascicolo giudiziario che il 9 marzo arriva nell’aula del gup di Arezzo, Claudio Lara, per l’udienza preliminare. A rischiare il processo è un medico trentenne che il 13 novembre 2018 eseguì all’ospedale San Donato di Arezzo l’operazione chirurgica demolitiva su un uomo, classe 1954, della Valtiberina, che era stato precedentemente visitato, in ottobre. Si sospettava una patologia tumorale al pene poi smentita dagli esami istologici “tardivi”, secondo i legali del paziente, sui tessuti prelevati. Iscritto nel registro degli indagati per il reato di lesioni gravissime, è un medico trentenne.

 

Il sostituto procuratore della repubblica Laura Taddei aveva concluso per l’archiviazione, non intravvedendo gli estremi per portarlo a giudizio. Gli avvocati del paziente si sono opposti e dopo l’udienza tenuta a fine 2022, il giudice Giulia Soldini, valutate le carte disponibili e le consulenze tecniche, ha optato per l’imputazione coatta del medico.

 

A differenza della procura ha ritenuto cioè che la vicenda non debba essere chiusa ma sviscerata meglio per accertare eventuali profili di responsabilità penale. Il paziente aveva problemi all’organo riproduttivo, si era sottoposto ad accertamenti, lo aveva visitato lo stesso urologo che poi lo ha operato. Il problema era complesso ma di natura infettiva (sifilide) e non si trattava affatto di un tumore, lamentano i legali dell’uomo.  A sostenere le ragioni della parte civile sono gli avvocati Roberto Bianchi e Antonino Belardo di Città di Castello.

Il servizio completo sul Corriere dell'Umbria di giovedì 2 marzo