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Umbria, la storia di Daniela: "Da due anni in cassa integrazione, spero di ritrovare il mio lavoro"

Catia Turrioni
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Il mio augurio è che il 2023 sia l’anno della ripartenza, quello che ci farà uscire da questo stallo che ci paralizza da ormai due anni”. Daniela Bucci, 47 anni di Citerna, mamma di un bambino di 10, è uno dei tanti lavoratori dell’Umbria in cassa integrazione. “Da ventidue anni lavoro al bar dell’ospedale di Città di Castello - racconta Daniela - è andato sempre tutto benissimo fino a quando non è comparso il Covid con tutte le relative restrizioni. La ditta che ha in gestione il servizio, la Sirio di Ravenna, si è trovata in forti difficoltà. Il bar, che prima era attivo dalle 6 alle 21, ora resta aperto sino alle 18. E per noi dipendenti, siamo in sei, è scattata la cassa integrazione. Lavoriamo dodici ore a settimana anziché quaranta”.

 

 

 

 

 

Questo dal marzo 2020. “Inizialmente avevamo preso la cosa con filosofia - dice Daniela - avevamo pensato che si trattasse di un breve periodo e avere più tempo libero con una famiglia da gestire sembrava quasi una cosa positiva. Poi, piano piano, è cominciata a subentrare la paura. Non mi spaventa reinventarmi ma sono consapevole del fatto che a 47 anni è difficile. I miei colleghi hanno più o meno la mia stessa età, quindi ci troviamo nella stessa situazione. L’appalto del servizio, che dura nove anni, è scaduto e per il momento non si è proceduti a una nuova gara proprio per il Covid. Ci chiediamo cosa sarà di noi nel caso subentri una nuova ditta”. Daniele Bucci vive con il suo compagno e il figlio in una casa di proprietà. Quindi non c’è il problema dell’affitto da pagare. Tra stipendio e cassa integrazione la cifra che ogni mese riscuote è tutto sommato accettabile. Il nodo, almeno in questo momento, per lei non è tanto quello economico. “Il vero dramma - spiega - è che ti trovi quotidianamente a vivere uno stato d’ansia, ti senti mancare la terra sotto i piedi, non sai quello che ti succederà. Dopo ventidue anni di servizio ti ritrovi, da un giorno all’altro, in uno stato di precarietà assoluta. Non sai cosa fare, se rinunciare a un contratto a tempo indeterminato, a un posto di lavoro fisso, che conosci e ti piace. E se questa crisi rientrasse e tutto si risolvesse? Avrei buttato via tutto per niente. Dall’altra parte, però, vivere con questa angoscia è sempre più difficile. Ho anche la responsabilità di una famiglia, decidere su una cosa così grande è complicato”.

 

 

 

 

E l’anno appena cominciato? Daniela Bucci, che è anche delegata Filcams Cgil, ammette di guardare avanti con un po’ di paura. “Non vedo grandi fermenti all’orizzonte ammette - Mi auguro che sia un anno migliore, per tutti. Che tante cose storte si mettano a posto. E, per quanto riguarda me e i miei colleghi, che finalmente si arrivi a una svolta, in un senso o nell’altro, che ci venga data l’opportunità di ricominciare. Certo, ritornare tutti e al più presto al nostro lavoro a tempo pieno sarebbe la conquista più grande”.