
Umbria, rincari energetici portano aziende al collasso. Il caso Ceramiche Noi

Era diventata il simbolo dell’Italia che non si arrende ma oggi il sogno di Ceramiche Noi, la fabbrica di Città di Castello che nel 2019 era stata rilevata e rilanciata dai lavoratori, rischia di infrangersi a causa dei rincari energetici. Lorenzo Giornelli, direttore commerciale e amministratore della cooperativa formata da undici soci-lavoratori e altrettanti dipendenti, parla di un’incredibile follia che sta portando sull’orlo del collasso migliaia di imprese in tutta Italia. Il caso di Ceramiche Noi è emblematico.
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“In pochi anni abbiamo triplicato il fatturato e disponiamo già di importanti commesse fino al 2023, molte delle quali con Stati Uniti e Canada - racconta Giornelli - Siamo però un’azienda energivora che utilizza il forno a ciclo continuo: l’ultima bolletta, relativa al mese di luglio, è stata di 127 mila euro per 62 mila metri cubi di gas. Nello stesso periodo, l’anno scorso, avevamo pagato 17 mila euro per 70 mila metri cubi di gas consumati”. Alla Ceramiche Noi lo slogan è non mollare mai. E di fatto il gruppo sta facendo l’impossibile. Quest’anno il bonus legato agli utili è servito per pagare il metano. Un sabato al mese i dipendenti hanno lavorato gratuitamente. Tutti hanno accettato, di buon grado, di rivoluzionare l’orario di lavoro estivo entrando in fabbrica alle sei del mattino per risparmiare sull’energia elettrica. La cooperativa ha fatto anche importanti investimenti sui macchinari, sostituendo i vecchi bruciatori con altri di ultima generazione a minore consumo energetico. “Grazie a Legacoop e Coopfond - racconta Giornelli - abbiamo avuto un accesso sicuro e veloce al credito che ci ha permesso di respirare un po’. I nostri dipendenti e tutti i soci rappresentano un esempio di resilienza e spirito di sacrificio. Ma a cosa è servito? Pensavamo di dover affrontare una crisi energetica che le proiezioni volevano per un massimo di tre mesi e invece ci prepariamo a un autunno che, stando ai pronostici, si annuncia ancora più complicato dal punto di vista dei rincari energetici. In questa situazione non è escluso che dovremmo ricorrere a uno stop ed è paradossale visto il tanto lavoro che abbiamo. Il problema è che dovremmo rivendere i nostri prodotti a una cifra non concorrenziale a quella proposta da Spagna e Portogallo, i nostri più importanti competitor, i cui governi da tempo hanno messo un tetto al prezzo del gas”.
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Anche Marco Brozzi, presidente della cooperativa, ha il dente avvelenato: “Ora siamo costretti all’ennesimo investimento, l’ultimo sopportabile probabilmente, per convertirci al Gpl aspettando tempi migliori nel gas - dice - Investimento che oltre a richiedere un impegno economico necessita anche di tempi medio lunghi per l’attuazione. E’ per questo che chiediamo alla politica interventi massicci e soprattutto celeri”. Giornelli rilancia: “La politica deve intervenire in tempi non rapidi ma rapidissimi se vorrà scongiurare un ricorso massiccio delle aziende alla cassa integrazione. Serve un tetto al prezzo del gas, sulla scorta di quanto fanno Spagna e Portogallo e un aumento del credito d’imposta”. Altrimenti, sono ormai in tanti a dirlo, in autunno sarà uno tsunami.
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