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Umbria, il presidente di Ance Albano Morelli rinviato a giudizio

Alessandro Antonini
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ll presidente Ance Umbria, Albano Morelli, è stato rinviato a giudizio dal Tribunale di Spoleto con l’ipotesi di appropriazione indebita di oltre 85 mila tonnellate di materiale di cava. L’udienza del vertice dei costruttori umbri si è svolta ieri davanti al Gup Federica Fortunati. Al centro della vicenda la società di gestione di un sito di estrazione a Giano dell’Umbria in cui Gmp, società dei Morelli, è socia al 49%. Secondo il capo di imputazione Morelli come concorrente all’amministrazione di fatto e il padre Alfio, amministratore delegato della Collucciolo srl “si appropriavano di materiale derivante da escavazione di cava sita in località Montecchio di Giano delll’Umbria, proprietà della Collelucciolo, occultavano parte del materiale risultante dalle escavazioni appropriandosene e vendendolo o utilizzandolo nell’interesse proprio, in quantità pari a 85.070 tonnellate”.

 

 

Tutto è partito dalla denuncia di uno dei titolari del 51%, Mario Cerasoli, ammesso parte civile con l’assistenza dell’avvocato Valeria Passeri. Poi Gdf e Procura di Spoleto (pm Andrea Claudiani) hanno concluso l'indagine con una perizia affidata ai tecnici della Regione. Morelli, raggiunto dal Corriere dell’Umbria, respinge ogni addebito e si dice “sereno e fiducioso nell’operato della magistratura”. Il suo avvocato difensore, Alessandro Di Baia - che difende anche il padre Alfio - respinge punto su punto la tesi accusatoria.

 

 

Non c'è alcuna prova - spiega Di Baia - della responsabilità dei miei assistiti né dell’avvenuta appropriazione indebita. Abbiamo insistito affinché il Gup disponesse una perizia di ufficio nelle forme dell'incidente probatorio per accertare in loco che il materiale di cui si ipotizza l’appropriazione indebita è tutto lì, nella cava. Senonché il giudice dell’udienza preliminare non ha accolto la nostra istanza, a nostro parere immotivatamente. Quindi tutto si basa su una denuncia e una perizia di parte che mette in evidenza un delta tra materiale scavato e materiale venduto: sarebbero le 85 mila tonnellate che secondo la Procura mancano. Questo calcolo però non tiene conto dell’invenduto, ossia del magazzino e degli scarti. Che, possiamo dimostrarlo, è tutto lì nella cava di Montecchio. Ed equivale proprio alla parte mancante secondo gli inquirenti. Lo stesso perito dei denuncianti - che per inciso hanno da tempo avviato una guerra giudiziaria contro i Morelli ottenendo fino ad oggi solo sconfitte - dopo una prima perizia si è ricreduto e ha corretto il tiro, fornendo dei dati diversi da quelli precedenti. C’è stata inoltre un'ulteriore perizia della Procura affidata a tecnici della Regione che però non tiene conto della reale superficie della cava. Da qui la richiesta di un incidente probatorio per dimostrare l’assoluta estraneità dei miei assistiti. Per quanto riguarda Albano Morelli, poi, non ci sono evidenze di alcun tipo sul fatto che sia amministratore di fatto della Gmp e della Collellucciolo. Siamo certi che il giudice del dibattimento - disponendo gli accertamenti tecnici che oggi (ieri, ndr) sono stati ingiustamente rigettati - farà piena luce sulla vicenda assolvendo entrambi gli imputati”.