
Umbria, boom di dimissioni volontarie dal lavoro: nel 2021 in 23.600 hanno lasciato l'azienda

In Umbria cresce, più che nel resto d’Italia, l’esercito di coloro che lasciano volontariamente il lavoro. E’ quanto evidenzia uno studio condotto da Elisabetta Tondini per l’Agenzia Umbria ricerche. Analizzando i dati dall’Osservatorio Inps, emerge che le dimissioni dei lavoratori dipendenti del settore privato e degli enti pubblici economici nel corso del 2021 hanno superato quota 23.600, quasi un quinto in più rispetto a quelle del 2019 e quasi due quinti in più rispetto all’anno dello scoppio della pandemia.
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“Potrebbe darsi che la crescita complessiva dal 2020 al 2021 (+6.700 in Umbria) abbia incorporato il rinvio di decisioni maturate quando la crisi da Covid ha cambiato un po’ di carte in tavola e spiegato il calo verificatosi nel 2020 - rimarca la ricercatrice - E, ammettendo pure che i dati del 2021 siano stati parzialmente inquinati dagli abbandoni indotti dai datori di lavoro, è tuttavia innegabile che il fenomeno, in decisa espansione, sottenda dell’altro”. Ad essere interessate dalle dimissioni sono le diverse tipologie contrattuali, ma ciò che colpisce di più è scoprire che nel 2021 gli abbandoni volontari siano stati in Umbria la causa di quasi i tre quarti delle cessazioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato (73% contro il 69% nazionale). Non si tratta, come si sarebbe potuto pensare, di un fenomeno segnatamente femminile. La propensione alle dimissioni è più alta tra gli uomini che tra le donne: in Umbria rispettivamente 35,8% e 27,2% considerando il totale dei contratti.
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Seppure il tasso di crescita dal 2019 al 2021 delle dimissioni aumenti con l’età, il fenomeno risulta relativamente più presente tra gli under 30 e assume valori minimi tra gli ultra cinquantenni. Al 2021 l’Umbria presenta rispetto al contesto italiano propensioni alle dimissioni nei tempi indeterminati maggiori soprattutto nei seguenti settori: commercio, riparazione autoveicoli e motocicli, trasporto e magazzinaggio, servizi di alloggio e ristorazione; costruzioni; attività professionali, scientifiche e tecniche, amministrazione e servizi di supporto. “Diverse indagini condotte in Italia per cercare di cogliere caratteri e motivazioni che inducono a rassegnare volontariamente le dimissioni collocano al primo posto la ricerca di condizioni economiche più favorevoli - evidenzia Elisabetta Tondini nella sua ricerca - segue subito dopo il desiderio di conquistare un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata, quindi la volontà di trovare maggiori opportunità di carriera altrove. Se così è, tutto lascia supporre che in Umbria la prima motivazione sia la più importante, visti i livelli retributivi del lavoro inferiori alla media nazionale”.
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