
Narni, il sindaco e altri quattro condannati per la gestione del canile

La Corte dei Conti dell’Umbria ha condannato il sindaco di Narni, Francesco De Rebotti, tre suoi assessori e una dirigente al pagamento di 27.798 euro a testa nei confronti del Comune (nella foto). Il danno erariale, calcolato nella misura complessiva di 148.990 euro, è derivato, secondo il collegio giudicante, dalla gestione del servizio comunale per l’accoglienza dei cani randagi. Oltre al primo cittadino sono stati condannati l’attuale vicesindaco Marco Mercuri, Marco De Arcangelis e Piera Piantoni, in quanto assessori all’epoca dei fatti, e Lorella Sepi, in qualità didirigente dell’area dipartimentale degli Affari generali.
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In assenza di un canile l’amministrazione comunale, dal 2007 al 2019, ha effettuato una serie di affidamenti senza ricorrere a una gara ad evidenza pubblica, ponendo in essere con ciò, secondo la sentenza, “una gestione inefficiente e contraria ai principi normativi che regolano la materia”. Cosa che avrebbe prodotto un danno alla concorrenza. Dall’istruttoria della guardia di finanza è emerso che “tale gestione era stata affidata per un lunghissimo periodo di tempo a una ditta locale, attraverso sei proroghe disposte tra il 2008 e il 2012 e altre tre dal 2012 al 2020”. Nel 2014 ci fu la cessione di un ramo d’azienda e così dalla ditta Pensione per cani si passò alla Dog Paradise. La Corte dei Conti ha ricostruito che “per il servizio in oggetto il Comune di Narni, tra il 2007 e il 2019, ha erogato al gestore privato la somma di 3.117.112 euro”.
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La Procura ha evidenziato che “sono state violate le regole dell’evidenza pubblica, omettendo di effettuare le gare previste e ricorrendo a proroghe reiterate”. Un meccanismo che, secondo i giudici, avrebbe causato un danno alla concorrenza pari alla somma che i convenuti dovranno risarcire. Il calcolo è stato effettuato dal 2014 in poi visto che per gli altri anni meno recenti è intervenuta la prescrizione. Amministratori e dirigente hanno sollevato diverse eccezioni. Il sindaco, in particolare, ha posto la questione dell’improponibilità dell’azione contabile e la mancanza di danno erariale, ricordando che la giunta aveva deliberato più volte l’effettuazione di una gara di appalto. E anche Mercuri ha contestato la fondatezza della pretesa risarcitoria nei confronti dell’erario.
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