
Perugia, Nuova Monteluce: sfuma il bando per la sede dei 180 dipendenti Puntozero

Nuova Monteluce, il fondo non ha partecipato alla manifestazione di interesse per la prossima sede di Puntozero.
Non si è candidato cioè a vendere gli uffici per ospitare 180 dipendenti della neonata società partecipata dalla Regione frutto della fusione di Umbria salute e Umbria digitale. L’avviso pubblico scaduto il 28 gennaio - con offerta massima di 3,5 milioni per un immobile da duemila metri quadrati - ha visto l’adesione di due ditte di settore: una è proprietaria dei locali di Centova dove che ospita la sede dell’ex Umbria digitale e un’altra propone un palazzo in zona Ellera di Corciano. Tra gli offerenti non c’è il fondo di investimento nato nel 2006 e arrivato a più riprese sull’orlo del default prima dell’arrivo di Amco-Prelios. Un’occasione persa per rilanciare il complesso immobiliare.
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Ad incidere in negativo c’è il fattore tempo. L’immobile per cui è stata attivata l'indagine di mercato dovrà essere idoneo per 180 persone e disponibile dal luglio prossimo. Un orizzonte che potrebbe risultare troppo ristretto. Amco infatti sta ancora sfruttando i tre mesi di proroga del fondo (decorrenza dal 1 gennaio) per chiudere una partita da due milioni con la banca tedesca quotista Aareal, che ha detto no al piano di risanamento del fondo stesso. L’istituto di credito va liquidato: una partita da due milioni di euro ancora da definire. Secondo poi, parte dell’immobile che avrebbe potuto ospitare Puntozero è occupata da 150 dipendenti del Comune di Perugia che dal 2018 attendono di essere trasferiti all'ex convento. Qui però i lavori non sono conclusi.
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Sfuma così per la neonata partecipata la possibilità di occupare due piani di uno degli edifici del comparto (ancora non terminato) della Nuova Monteluce, per cui è stato asseverato un piano di salvataggio da parte della citata Amco - controllata dal Mef, lo ricordiamo - da 7 milioni di euro. Nondimeno viene a mancare un’opportunità concreta per il rilancio del complesso fantasma, frutto di un fondo immobiliare chiuso, fatto di patrimonio e soci pubblici, mai decollato. Un piano di ripartenza comunque c’è. Prevede il completamento della casa della salute e degli edifici annessi, con nuovi cantieri da aprire. Poi la vendita a blocchi di alcuni asset: i parcheggi, che sarebbero già stati opzionati dal un gruppo romano specializzato. E gli uffici. Nel progetto di risanamento è previsto, come condizione preliminare, il pagamento dei 3 milioni di debiti alle imprese costruttrici de del Consorzio che hanno effettuati i primi interventi e non hanno visto ancora un euro. C’è in campo l’accordo per uno stralcio al 70%. Restano sullo sfondo i 200 appartamenti che, una volta terminati gli interventi sulla parte sanitaria e direzionale, potrebbero essere valorizzati sul mercato.
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