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Perugia, violenta una donna approfittando del fatto che è ubriaca: 36enne condannato a tre anni e quattro mesi

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Alessandro Antonini
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Un peruviano di 36 anni è stato condannato in primo grado a tre anni e quattro mesi di reclusione per violenza sessuale nei confronti di una connazionale di 29 anni. La sentenza prevede 10 mila euro di risarcimento del danno per la persona offesa e l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Riconosciute le attenuanti generiche. Per l'accusa l'uomo “con violenza e minaccia ha abusato delle condizioni di inferiorità fisica e psichica della vittima, contringendola a subire atti sessuali, dopo averla immobilizzata e approfittando del suo stato di torpore dovuto all'assunzione di alcol”.  I fatti, avvenuti a Fontivegge, risalgono al 2015. La donna, difesa da Saschia Soli, ha raccontato in aula le violenze che  avrebbe subìto quella notte. Il mattino successivo, passata l'ubriachezza, ha deciso di denunciare lo stupro subito. Antonio Cozza, difensore del condannato, annuncia il ricorso in appello. Stando alla ricostruzione dell'accusa i due insieme a dei conoscenti avevano passato pomeriggio passato a bere, prima in un ristorante e poi in discoteca. Si conoscevano di vista. Poi tutti a casa di amici e lì ancora birre. La mattina lei, 29enne peruviana, si è ritrovata nuda, nel letto e ha denunciato di essere stata violentata.

Il condannato, fa sapere Cozza, ha sempre sostenuto l'“assoluta infondatezza dell'accusa”. Il dibattimento “ci consegna solo due dati certi”, continua Cozza “ e cioè che quella sera quasi tutti i soggetti presenti avevano consumato tante bevande alcoliche, forse solo uno dei ragazzi presenti era sobrio. E ancora: la persona offesa racconta di un rapporto sessuale consumato con forza ma la visita effettuata presso l'ospedale a poche ore dalla presunta violenza ha dato esito negativo”. Da qui l'annunciato ricorso in secondo grado. 

Per contro, secondo Soli “i testimoni e la persona offesa hanno reso dichiarazioni assolutamente congruenti che confermano la fondatezza dell'ipotesi accusatoria. Non vi sono dubbi sulla credibilità della vittima alla luce dei riscontri i emersi in dibattimento”. I giudici in primo grado hanno riconosciuto come  fondata questa versione.