
Umbria, "Mi ha salvato un centro antiviolenza, grazie a loro fuori dall'incubo"

“Quando ho chiesto aiuto al centro Antiviolenza ho capito che non ero sola e potevo farcela a lasciare mio marito violento”. Lo dice una donna che accetta di raccontare la sua storia per “essere di aiuto alle tante altre persone che si trovano nella stessa situazione in cui ero io”.
Sei stata maltrattata?
“Sì, non da subito. Da fidanzati non era violento, anche se a ben guardare i campanelli d’allarme c’erano tutti: mi controllava il telefono con delle applicazioni, voleva sapere con chi e dove fossi. Ho provato a lasciarlo diverse volte ma siamo sempre tornati insieme perché non so come sia possibile ma in queste relazioni malate loro riescono a farsi sentire le donne in colpa e che perdonano e tornano indietro”.
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Dopo la situazione si è aggravata?
“Sì, dopo il nostro matrimonio ha iniziato a trattarmi come se fossi un oggetto di suo proprietà. Non voleva che parlassi con amici o amiche al telefono, non gli piaceva se frequentavo gente. Se andavo a prendere un caffè con un’amica mi parlava subito male di lei. Si arrabbiava anche quando parlavo con i miei parenti nella nostra lingua che lui non poteva comprendere. E se uscivo mi chiamava sempre, alla fine mi ha isolato da tutti. Ero rimasta sola con il mio problema”.
Ti picchiava, ti minacciava?
“Sì, mi minacciava molto spesso di morte o di rimandarmi nel mio paese una volta che avessi partorito nostro figlio. Qualche volta mi trattava male anche in gravidanza, alzava le mani, mi urlava contro. E dopo la nascita del bambino la mia vita è diventata un inferno”.
Quando hai deciso di dire basta?
“Quando ho visto un’ intervista a una donna che è rimasta invalida dopo l'ennesima violenza del compagno, ho capito che dovevo uscire per forza da quella situazione, altrimenti avrei potuto fare la stessa fine. E così, rivolgendomi al centro antiviolenza ho capito che non ero sola, e c’erano persone disposte a sostenermi. Il primo contatto è stato con loro ma ci ho messo un anno a capire come avrei potuto fare. E poi, ho scoperto che molte persone volevano aiutarmi”.
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Lo hai denunciato?
“Sì, l’ho denunciato per maltrattamenti, per fortuna non l’ho più visto se non in tribunale per l’affidamento del bambino. Voleva lui la custodia ma il giudice non gliel’ha data”.
Adesso come ti senti?
“Molto meglio, mi sento rinascere, ma la prima volta che sono andata a prendere un caffè con un’amica continuavo a guardarmi intorno come facevo prima perché ero sempre terrorizzata da lui che mi spiava. Mi aveva fatto diventare ossessiva come lui. Ma a tutte le donne vorrei dire che i centri antiviolenza e le forze dell’ordine sono la strada da percorrere per uscire da questi inferni domestici perché lì si trova tutto il sostegno di cui si ha bisogno. Basta chiamare il 1522”.
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