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Umbria fuori dalla crisi Covid, previsione Pil per il 2022 a +4%. Balzo nel primo trimestre 2021

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Alessandro Antonini
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Prodotto interno lordo a più +4% nel 2021 e 2022 per l’Umbria. In linea con il dato nazionale. Con un aumento - è questo il dato saliente - sopra la media tra il primo trimestre 2020 e lo stesso periodo dell’anno in corso: +18%. Segno che il sistema ha retto ai 18 mesi di pandemia e sta ripartendo con buone premesse di sviluppo. E’ la previsione approntata da Acacia group, l’azienda di big data che cura l’osservatorio sulle imprese italiane. Per la ripresa dell’Umbria si è dimostrato determinante l’apporto della grande distribuzione organizzata, del settore alimentare e dell’information technology.

L’amministratore di Acacia ed analista economico, Francesco Pace, premette che “la pandemia ha avuto inevitabilmente un forte impatto sull’economia regionale, ancora con i colpi di tosse della crisi del 2008”, il Pil nel 2020 in Umbria “è diminuito del 8,6%”, senonché il dato è “leggermente migliore del nazionale, e molto meglio dei cugini marchigiani che hanno visto la doppia cifra con un -11%”. Questo vuol dire che la curva c’è stata, come del resto in tutta Italia “però non a gomito come si temeva”, sottolinea Pace. Un’inversione di tendenza rispetto all’onda lunga della crisi del 2008 dove l’Umbria aveva perso più della media italiana. Da qui le previsioni rispetto all’andamento del primo semestre 2021 che “promettono una ripresa con un segno + che potrebbe stabilizzarsi sopra il 4% sia per l’anno in corso che per il 2022”, è riportato nel report di Acacia. Lo scarto nel periodo post pandemio è il vero dato incoraggiante. “Se si paragona il primo trimestre 2020 con quello del 2021 la crescita è da capogiro: +18%”, rileva Pace. 

 


Il modello Umbria “ha retto bene, i settori più performanti oltre a incrementare i fatturati hanno tamponato una possibile crisi occupazionale, contenendo la perdita del valore della produzione aggregato a un -5,3%”. Se il settore della grande distribuzione ha fatto il grosso del lavoro, non secondario è l’apporto dell’industria alimentare. E dell’information technology: in particolare grazie alle imprese del cuore verde che si occupano di hardware, reti e connettività. Altro fattore evidenziato è il buon rapporto tra le vendite e l’utile prima di interessi e imposte per oltre un terzo del tessuto imprenditoriale regionale. Uno degli indicatori decisivi per valutare la capacità di state sul mercato delle aziende, dato che indica   quanto reddito operativo si è in grado di generare  per unità di fatturato. Anche da qui le previsioni positive per questo biennio. “L’album dei ricordi del 2020”, conclude Francesco Pace “avrà anche una foto da incorniciare sul rapporto ebidta-vendite superiore al 10% per il 36% delle imprese: un risultato straordinario che promette bene sul collage 2021-2022”.