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Perugia, gatti torturati, uccisi e fatti a pezzi: 27enne condannato a 15 mesi

Francesca Marruco
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Un anno e tre mesi di reclusione e 1.000 euro di risarcimento alle parti civili. Questo l’epilogo del primo grado nel secondo procedimento a carico di un 27enne perugino già condannato - con sentenza passata in giudicato - per aver scuoiato e ucciso un gatto (che venne trovato appeso al cancello di un asilo di Castel del Piano). Stavolta l’accusa era di aver ammazzato più animali. Più di uno perché in quello che gli stessi inquirenti hanno ribattezzato “garage degli orrori”, trovarono quattro maschere “raffiguranti un muso di gatto in materiale organico”. Un vaso grande “contenente testa e zampe di gatto”. Altri nove contenenti “materiale organico”, “zampe”, tutto immerso nella formalina.

 

Una piccola ghigliottina, utensili da chirurgo, uno strumento per immobilizzare gli animali. Insomma un vero e proprio orrore, che aveva portato all’apertura di un secondo filone di indagine. Quello che si è concluso appunto ieri con la condanna del giovane imputato assistito dall’avvocato, Franco Libori. “Seppure a causa dei limiti della legge contro il maltrattamento e l’uccisione di animali, la pena non sia certo commisurata alla gravità dei fatti, siamo soddisfatti di questa ulteriore condanna ottenuta anche grazie a minuziose indagini, all’impegno del nostro ufficio legale, di Lav Perugia”, dichiara Ilaria Innocenti, responsabile nazionale area animali familiari Lav.

 

“Questo caso ci ha lasciato sgomenti e finalmente è stata acclarata la responsabilità dell’accaduto anche riguardo alle atrocità del cosiddetto garage degli orrori” aggiunge Graziella Crescentini Gori responsabile di Lav Perugia che spiega: “Dopo questa condanna e quella in Cassazione rinnoviamo la richiesta al sindaco di emettere un’ordinanza di divieto di detenzione di animali a carico di questa persona”. Le altre associazioni erano assistite dai legali Giuseppe De Lio e Pasquale Perticaro. Nella sentenza di Cassazione i giudici, confermando la condanna a quattro mesi, scrivono che quel garage era “innegabilmente destinata alla tortura di animali”. Non solo, puntualizzano pure che “addirittura della disponibilità del ricorrente di manualistica sulla decomposizione di un essere vivente”.