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Umbria, costruzioni e commercio segnano la ripresa. Soffrono trasporti e turismo

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Costruzioni e commercio spingono la ripresa economica dell’Umbria. Sono questi i settori che nei primi sei mesi dell’anno fanno registrare una maggiore vitalità rispetto allo stesso periodo del 2020. I numeri, forniti dalla Camera di commercio, parlano di 343 nuove imprese per le costruzioni (+28,5%) e di 522 per il commercio (+18,6%). Gli stessi settori sono quelli che registrano anche una più significativa diminuzione delle cessazioni nel primo semestre 2021 rispetto al primo semestre 2020: -11,4% per l’edilizia trainata da Superbonus e ricostruzione post sisma, -20,6% per il commercio che nei primi sei mesi dell’anno scorso aveva fatto registrare la chiusura di 688 attività (quasi quattro al giorno) a fronte di 425 aperture. Nonostante le tante difficoltà del periodo, dunque, i negozianti tengono duro.

 

 

 

 

A soffrire ancora molto, invece, è il settore del turismo con 94 nuove imprese nei primi sei mesi dell’anno (il 21,7% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso) e 148 cessazioni, di cui 53 nei mesi aprile-maggio e giugno. Si può parlare di una vera e propria agonìa, invece, per il settore del trasporti che nel primo semestre 2021 ha fatto segnare appena 13 nuove iscrizioni, il 40,9% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, a fronte di 38 cessazioni, quasi il triplo. Nel complesso, sono 2.577 le nuove imprese registrate da gennaio a giugno di quest’anno (+ 16,4%) e 2.131 le cessazioni, il 13,5% in meno rispetto al 2020.

 

 

 

 

I segnali di ripresa incoraggianti e il clima di rinnovata fiducia degli imprenditori nel sistema Umbria rischiano, però, secondo il presidente della Confcommercio, Giorgio Mencaroni, di essere messi a dura prova dalle ultime decisioni prese a livello nazionale relative alla quarantena che non viene più equiparata dall’Inps a malattia. “In un momento di forte difficoltà delle imprese, in particolare dei settori del commercio, turismo e artigianato – spiega Mencaroni - è inaccettabile che siano ancora le aziende a caricarsi dell’onere di un vuoto normativo e decisionale che va colmato al più presto. Perché ad oggi la realtà è questa: o paga l’azienda - ma non si capisce per quale ragione, trattandosi di un’assenza, e sopportando anche il danno ulteriore di dover fare a meno del proprio dipendente per il tempo della quarantena - o il lavoratore perde parte consistente del proprio stipendio. Una situazione inaccettabile per gli uni e per gli altri”.