
Umbria, baristi e ristoratori bocciano il green pass: "Una follia"

Sconcertati. Ristoratori e baristi si dicono preoccupati dalla possibilità che il governo decida di estendere l’obbligo della certificazione anche per accedere ai locali al chiuso, bar e ristoranti compresi. “E’ una cosa fuori dal mondo - dice Gianni Segoloni, titolare del Bistrot di Perugia - Figuriamoci se possiamo metterci a controllare che i nostri clienti abbiano il green pass... Se vogliono seguire i francesi facciano pure ma secondo me si tratta di un’assurdità totale”. Si dice fortemente critico anche Enrico Guidi, coordinatore del Movimento Mio Umbria e titolare a Perugia del ristorante Il Cantinone: “Il green pass per i ristoranti sarà il colpo di grazia a livello economico per molte attività - evidenzia - In quanti in Italia hanno il green pass oggi? E di chi è la colpa di questi ritardi? Senza parlare poi degli evidenti problemi di natura legale: chi ci investe del potere di richiedere documenti personali? Il codice della privacy è stato improvvisamente abrogato?”.
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Per Matteo Fortunati, presidente regionale di Assoturismo, il green pass alla francese è troppo stringente. “Ma se è indispensabile ok - puntualizza - a patto che contempli anche tampone e certificato di guarigione e non solo vaccinazione”. Michele Benemio, alla guida del consorzio Urat che raggruppa albergatori e ristoratori del Trasimeno nonché presidente regionale di Cna turismo evidenzia la grande confusione che regna sull’argomento. “L’anno scorso, di questi tempi, c’è stato il libera tutti: ognuno poteva fare quel che voleva e in autunno ne abbiamo pagato le conseguenze. Quest’anno la linea è diametralmente opposta e si rischia di andare incontro a provvedimenti troppo stringenti. Ma una via di mezzo non è possibile? Anche perché - evidenzia Benemio - poi ci troviamo ad assistere a situazioni tipo la vacanza studio a Dubai per gli studenti organizzata dall’Inps in un momento in cui sarebbe invece molto più opportuno incentivare le vacanze in Italia”. A Terni la musica non cambia. “Se ci diranno che dobbiamo richiedere ai clienti il green pass lo faremo – sottolinea Umberto Trotti, dell'Osteria del Trap a Ferentillo – tanto non vedo altra soluzione per lavorare. Mi chiedo solo una cosa: come facciamo a capire sapere che quel green pass che ci fanno vedere è autentico? Mi spiego meglio. E se per caso quella app che è sul telefono che il cliente mi mostra non è la sua oppure è stato cambiato il nome come faccio a scoprirlo? Comunque se vogliono così non mi tiro indietro e chiederemo ai clienti il documento”.
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Gli fa eco Alessandro Paolucci del Ristò da Ale di Terni. “Trovo che chiedere il green pass sia una follia – dice – ma se dobbiamo farlo ci adegueremo. Sia io come titolare che i miei ragazzi che sono sul libro paga siamo tutti vaccinati e lo abbiamo, ma se diventerà obbligatorio lo chiederemo anche ai nostri clienti. Abbiamo rispettato e continuiamo ad attenerci a tutte le normative anti Covid, quindi non resta altro che aggiungerne un’altra”. C'è anche chi come Luca e Massimo D'Antonio, dell'omonimo bar/pasticceria di via Borsi, si dicono piuttosto disorientati da questa nuova prospettiva: “Crediamo che chiedere il green pass ai clienti sia eccessivo. A questo punto diventa un obbligo la vaccinazione se passa questa nuova norma. Ci viene spontanea una domanda: se il titolare di un bar o di un ristorante non è vaccinano può aprire ugualmente il locale o deve tenere la saracinesca giù?”. Ma c'è chi la prende in maniera positiva:“Se chiedere il green pass ai clienti – concludono Luca e Simone Alpini del bar la Raffineria di Terni – significa evitare eventuali chiusure per bar e ristoranti, allora va bene. Anche se crediamo che in questo momento il futuro sia una grossa incognita”.
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