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Umbria, agente della penitenziaria falsifica 27 certificati di malattia: condannato

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Ale.Ant.
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Falsifica 27 certificati di malattia fotocopiando gli originali e sbianchettando le date. Poi si giustifica confessando che ha problemi con l'alcol. Si dice disponibile a rifondere i soldi precepiti indebitamente ma la Corte dei conti non lo salva. E' la vicenda di un agente della penitenziaria del Ternano condannato al pagamento di 1.908,88 euro oltre interessi, rivalutazione e spese di giudizio, in favore del Ministero della giustizia, dipartimento dell’amministrazione penitenziaria.

La sentenza è stata pubblicata lunedì 15 marzo dalla sezione giurisdizionale contabile dell'Umbria. L'uomo, un 55enne,  avrebbe, in una serie di occasioni, "attestato falsamente la propria malattia falsificando i certificati medici: in tutto si è trattato di 27 giornate lavorative", è scritto nella sentenza. Il danno patrimoniale contestato, "da indebita percezione della retribuzione", è pari per l'appunto a 1.908,88 euro. Negli atti, oltre alle "prove evidenti della falsificazione dei certificati", c'è l'ammissione della colpa del diretto interessato. “Ammetto che le certificazioni in atti  - è riportato nel verbale - sono fotocopie di più originali ai quali ho cambiato soltanto la data ed in alcuni casi i giorni di prognosi. Ho fatto ciò in quanto ho attraversato e attraverso una fase di disagio di carattere psichico che non mi crea comunque pregiudizio per la mia attività lavorativa ma che in alcuni momenti mi impedisce di svolgere il servizio nel migliore dei modi, come ho sempre fatto. Evidenzio che tutto questo è dipeso da un abuso di sostanze alcooliche per il quale sono in terapia in ordine alla quale mi riservo di produrre certificazioni. Attualmente sto superando il momento di difficoltà lavorando con continuità e sono assolutamente disponibile a risarcire l’amministrazione per il danno erariale cagionato". Quasi duemila euro da pagare.

E non finisce qui. Ci sono anche gli interessi. "L’illecito contabile" scrivono i magistrati "ha natura di debito di valore e, secondo i criteri seguiti costantemente dalla giurisprudenza della Corte di cassazione devono, quindi, essere corrisposti gli interessi legali sulla somma rivalutata, anno per anno, dal momento dell’apprensione del beneficio".