
Perugia piange Francesco Innamorati, simbolo della Resistenza e vicesindaco per 12 anni

“La politica, oltre alla forza, richiede passione, razionalità e disciplina”. In queste parole c'è molto di ciò che è stato Francesco Innamorati. Sono quelle con cui chiudeva il libro-intervista, intitolato eloquentemente “Perugia e il Partito Comunista”, dedicatogli dall'Isuc nel 2007. Innamorati è morto a Perugia a 96 anni: un'esistenza lunga quasi un secolo in cui è stato testimone, in parte determinandole, delle tanti trasformazioni della città. Membro della Gioventù italiana del littorio, come tutti o quasi, prima di abbracciare la causa comunista, allievo eterodosso di Capitini, partigiano, combattente nella “Cremona”, avvocato, amministratore, punto di riferimento intellettuale e politico fino alla fine per chiunque avesse a cuore la necessità di capire come funzionassero, da queste parti, i gangli del potere e il rapporto fra potere e comunità. Per certi versi è stato un anello di congiunzione tra la Perugia risorgimentale e quella contemporanea, un ponte lungo oltre centocinquant'anni. Innamorati viene dall'alta borghesia che dopo l'Unità d'Italia a Perugia ha preso in mano le redini e non le ha mollate, o almeno non del tutto, fino all'ultimo Dopoguerra. Ha avuto per nonni due massoni di rilievo come Francesco Innamorati e Mariano Guardabassi, è cresciuto in una famiglia in cui prima si parlava male di Mussolini e poi, dopo la guerra d'Abissinia, si era preso a parlarne bene.
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Quella classe dirigente, in fondo, aveva aderito al fascio in massa. E quindi Innamorati era un adolescente indottrinato e un liceale fascista come i più. I dubbi cominciarono a sorgere quando la guerra prese la piega sbagliata: vide la miseria per le strade e conobbe altri giovani e insegnanti con cui cominciò a ragionare. Conobbe e frequentò anche Aldo Capitini, ma poi diventò comunista, perché gli sembrava necessario “il terreno dell'azione”. La Resistenza, quindi, come firma di fogli clandestini e poi a presidiare la città in attesa degli inglesi. Ma alla vera azione si sarebbe dedicato con l'arruolamento nel gruppo di combattimento “Cremona”, con cui ottenne una medaglia al valore militare. Dopo la guerra per Innamorati è arrivato, insieme al mestiere d'avvocato, l'impegno diretto nel Pci e nell'amministrazione: vicesindaco a Perugia dal 1952 al 1964, in consiglio comunale fino al 1970, in consiglio regionale dal 1970 al 1975 nella prima legislatura di Palazzo Cesaroni.
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Da allora Francesco Innamorati continuò a militare, coi suoi modi alteri e schietti al contempo, nei partiti che hanno portato avanti, e dilapidato, l'eredità di quel Pci di cui era quasi coetaneo. Dopo la morte di Raffaele Rossi era diventato presidente onorario dell'Isuc, alla cui creazione aveva dato un contributo decisivo. La notizia della sua scomparsa è stata accolta con commozione diffusa. L'Anpi regionale – di cui è stato dirigente e instancabile promotore – ha sottolineato come Innamorati lasci “la grande responsabilità di tenere sempre accesa la fiaccola della Resistenza”. Il sindaco del capoluogo Andrea Romizi lo ha ricordato come “un uomo che ha testimoniato con la sua azione prima ancora che con le sue parole l’attaccamento ai valori di libertà, giustizia e pace”. (Nella foto del 1960 in piedi e insieme a Rasimelli, Grossi e Gambuli. Dal libro Perugia e il Partito Comunista).
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