
Covid in Umbria, nel Cts regionale chiesto il lockdown totale contro il pericolo varianti

Pericolo varianti, nell’ultima riunione del Comitato tecnico scientifico dell’Umbria è stato chiesto il lockdown per tutta la regione. Ma le direttive nazionali e locali non imboccano questa strada, al momento. Anzi. Venerdì la cabina di regìa nazionale ha confermato la zona arancione per il cuore verde. E Palazzo Donini ha ribadito la zona rossa “rafforzata” (con la chiusura delle scuole) in tutta la provincia di Perugia fino al 21 febbraio, restringendo però il raggio in quella di Terni: restano rosse Amelia e San Venanzo, tornano arancioni Lugnano in Teverina, Attigliano, Calvi dell’Umbria e Montegabbione. Per gli altri 61 comuni restrizioni invariate.
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Nella riunione di giovedì del Cts regionale, stando a quanto viene confermato al Corriere dell’Umbria, sono stati presentati interventi scritti di più membri che chiedono il lockdown su tutto il territorio regionale per arginare l’estendersi delle varianti inglese e brasiliana. Non ci sono stati interventi in senso contrario.
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Ma non c’è solo il Cts. Anche secondo il virologo Andrea Crisanti è necessario “chiudere tutto, per 3 o 4 settimane, in stile Codogno”. Ma ieri l’Istituto superiore di sanità ha confermato (su dati 1-7 febbraio) la zona arancione: l’Umbria ha il secondo Rt più alto d’Italia (1.2, sopra c’è solo l’Abruzzo con 1.22), resta a rischio alto, con 283,28 casi per ogni abitante (seconda solo alla provincia di Bolzano, a 770) e 2.465 nuovi casi. I nuovi focolai sono 367 e i nuovi casi di infezione non associati a catene di trasmissione note sono 940. Entrambi gli indicatori in crescita. Secondo Agenas la percentuale è al 60% (soglia 30%), i Covid ordinari al 53% (soglia 40%). Il sistema sanitario umbro nel frattempo sta attivando nuovi letti: l’obiettivo è arrivare a 700 ordinari (da 615) e 160 di terapie intensive (da 130) in 15 giorni. Casi positivi ricoverati, poi negativizzati, segnalati anche all’ospedale di Orvieto e nel centro sanitario di Trevi.
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