
"La variante brasiliana in Umbria da oltre un mese. Rischiamo variazioni resistenti al vaccino". L'intervista alla professoressa Mencacci

“Ovviamente non possiamo pensare di aver individuato i primi due casi con variante brasiliana presenti in Umbria. Quei tamponi sono dell’8 gennaio e li abbiamo mandati ad analizzare perché erano inspiegabili, da un punto di vista di storia epidemiologica. E di certo la variante in Umbria circolava da prima”. A spiegarlo è la professoressa, Antonella Mencacci, direttrice del laboratorio di Microbiologia dell’ospedale di Perugia. Da ormai quasi un anno in prima linea, per infinite ore al giorno, a dare la caccia al virus.
Professoressa quando un tampone è sospetto?
“Una non evidenziazione del gene S attraverso i test di diagnostica. Se il campione è positivo a bassi cicli e vediamo solo alcuni geni ( di solito Orf e N)e la metodica potrebbe identificare il gene S, ma non lo amplifica, questo è un proxy. Cioè è un campanello d’allarme che ci dice, potrebbe essere che questo gene S è mutato e quindi il tuo sistema non lo vede. Poi per capire se è veramente mutato va sequenziato, ovvero capire la esatta sequenza dei nucleotidi di cui è fatto il genoma. Le varianti brasiliane non sono caratterizzate dall’assenza del gene S. Questa è tipica della variante inglese. Un altro sospetto è lo sviluppo di focolai non spiegabili. Cioè se io ho una famiglia tutta positiva è spiegabile: vivono insieme, si infettano. Ma se ho due soggetti che si sono infettati insieme all’interno di un reparto dove non dovevano avvenire le infezioni, o in una Rsa, dove vengono adottate tutte le misure di precauzione e non si capisce da dove arrivi questa infezione, allora questo è un altro sospetto. Ci sarà una variante che si trasmette in modo più facile del classico virus? Se ci sono infezioni che non ci spieghiamo da un punto di vista epidemiologico, si deve indagare. Come accaduto nel caso dei due anziani in cui è stata isolata la variante brasiliana. Un altro motivo che deve accendere il campanello è la nuova positivizzazione dopo aver già avuto il virus: in quel caso devo chiedermi se è affetto da un virus diverso dal primo. Potrebbe essere una variante. Infine il caso di una persona vaccinata che dopo la seconda dose di vaccino sviluppa l’infezione. Anche se dobbiamo fare attenzione perché un 5% dei vaccinati Pfizer si chiamano non responder, cioè non monta una risposta anticorpale immunizzante. Quindi non è detto che abbia per forza una variante. Ci sono casi rarissimi di persone che pur avendo avuto due dosi sono risultati positivi giorni dopo la seconda dose però i motivi possono essere diversi: sono dei non responder, l’esposizione al virus sia stata prima della seconda dose, oppure è una variante che sfugge agli anticorpi, ma questa ultima va provata".
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Quindi i due confermati sono stati scelti per quale motivo?
“ Siamo stati fortunati a individuarli, devo ringraziare la mia collega che ha avuto l’intuizione di mandarli. Li abbiamo scelti perché non ci spiegavamo come mai si fossero infettati. Secondo noi quelli non avrebbero dovuto infettarsi. Erano tamponi arrivati lo stesso giorno”.
Come vede la situazione in Umbria?
“Per me la situazione nell’area nord dell’Umbria è molto grave. I casi non scendono anzi stanno via via salendo e questo in controtendenza con tutta la nazione e anche il sud della regione. Ci sono dei cluster nelle Rsa e nei reparti e non va bene. Troviamo i casi senza gene s, potenziali varianti, e non va bene. Ci sono operatori sanitari che sintomatici, paucisintomatici sono infetti e questo ci debilita la sanità. La situazione è molto grave. I cittadini devono essere rigorosi. Io faccio un appello accorato: siate rigorosi. Tutti noi magari possiamo superare il virus, ma tutti noi abbiamo qualcuno a cui teniamo che potrebbe morire. Io so di cene, di feste e non è ammissibile. E bastano piccole disattenzioni. E bastano anche quattro giorni per morire. Queste varianti sono caratterizzate dall’essere più diffusibili. In Brasile ha infettato migliaia di persone anche in una zona in cui nella prima ondata si pensava all’immunità di gregge, tanti erano stati i positivi. Adesso il problema in Italia è nostro, ma poi ce lo avranno tutti, il virus va ovunque. Non rimarrà confinato da noi. Ma varianti o non varianti dobbiamo essere attenti, altrimenti il vaccino non funziona”.
Cosa comporta per la vaccinazione?
“La vaccinazione normalmente si fa quando la prevalenza (il numero dei casi, ndr) è basso. Invece noi stiamo vaccinando a tempi lunghi in un momento in cui circola tanto virus. Quindi cosa succederà? Che a forza di circolare questo virus incontrerà qualcuno che è vaccinato, ma siccome il virus varia, in quella persona vaccinata, se il virus arrivata variato, si replica tantissime volte. La persona avrà una carica virale alta e trasmetterà questo virus che non è soggetto al vaccino ad altre. Quindi questo è il sistema migliore per selezionare le varianti del virus che sono refrattarie al vaccino. E’ l’antibiotico resistenza: se lei lo prende ma ha dentro di un microrganismo resistente a quell’antibiotico. Verranno uccisi tutti gli altri organismi e, come dico ai miei studenti, il microganismo resistente dirà: ora ci sono solo io e mi replico all’infinito. Vaccinando in un periodo di alta prevalenza si rischia di selezionare varianti resistenti. Quindi va abbassato il contagio. Solo stando a casa.
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E’ già accaduto?
“Non lo sappiamo per ora. Ci sono dei sanitari risultati positivi dopo la seconda dose del vaccino, si contano sulle dita di una mano, cercheremo di sequenziare anche questi tamponi. Ma al momento non sono stati inviati. Chi ha avuto positività dopo la prima o la seconda dose non ha sintomi seri oppure è asintomatico e potrebbe far parte dei non responder”.
Tra i 42 tamponi inviati all’ISS cosa c’è?
“Abbiamo mandato i tamponi positivi ma senza gene s, alcuni tamponi di focolai, alcuni tamponi di persone che sembra si siano reinfettate per la seconda volta. A gennaio ne avevamo mandati 10, questi due confermati li abbiamo inclusi il giorno stesso dell’invio”.
Ora anche voi inizierete a sequenziare?
“Si, stiamo cercando di mettere su un sistema, il più velocemente possibile, ma ci vorrà almeno un mese. Spero che Regione e azienda lo supportino”.
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