Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

La commovente lettera del giovane Andrea a Lorenzo Bernardi

andrea tomassini

Luca Mercadini
  • a
  • a
  • a

Caro Lorenzo, ti scrivo questa lettera in virtù del fatto che ho finito di leggere il tuo libro La regola del 9. Mi ricordo benissimo che quando a scuola ci siamo sentiti in videochiamata, occasione in cui tu me lo hai regalato “di persona”, mi avevi detto di farti sapere se mi fosse piaciuto una volta che ne avrei portato a termine la lettura. Dopo quasi due mesi ci sono riuscito e adesso sono qua a “scriverne la recensione”. Allora, che dire… la tua autobiografia mi è piaciuta sin dalle prime pagine. Leggerla mi ha fatto comprendere l'importanza di applicare quella mentalità propria dei Campioni come te nella mia vita. Pertanto se per te ciò per cui vale dare sempre il massimo è stata (e presuppongo lo sia ancora) la pallavolo, per me è lo studio. Grazie alla tua autobiografia ho imparato a studiare ancora con più impegno; perché se tu da giocatore puntavi a effettuare otto ricezioni perfette su dieci in allenamento, per essere sicuro di effettuarne sette su dieci in partita; io punto a studiare da 10 a casa, per essere sicuro di prendere un voto che non vada sotto l'8 a scuola. L'80% delle volte centro l'obiettivo, peccato che ci sia anche quel 20% in cui non ce la faccio. Ma nella vita bisogna imparare ad accettare anche le sconfitte e a rialzarsi subito quando si cade: tu l'hai imparato grazie all'oro perso alle Olimpiadi di Atlanta 1996; io forse l'ho imparato appena nato. Ti potrò sembrare presuntuoso, ma è nel momento in cui sono venuto alla luce che ho subito la sconfitta più grande di tutte quelle che si possono immaginare: la mia disabilità.  Ciò nonostante continuo a combattere, supportato dai miei genitori, in particolare da mio padre che mi ha trasmesso fin da piccolo la sua grinta e determinazione. A causa di questa situazione, ho imparato anche ad adattarmi alle situazioni: la stessa identica cosa che hai fatto tu durante l'esperienza da allenatore in Polonia. Oltre alle difficoltà della lingua e dell'inverno, lì hai dovuto anche fare i conti con la claustrofobia, nel momento in cui ti hanno chiesto di andare in miniera. Tu hai provato a dire che eri claustrofobico, ma alla fine non hai avuto scelta; in miniera ci sei andato e dopo quell'esperienza, alla claustrofobia hai detto addio. Purtroppo io non posso fare lo stesso con la mia patologia, neppure volendolo. Ma ciò non mi impedisce di pensare positivo, perché tu mi insegni che anche quando non abbiamo scelta, tutto sta nel come affrontiamo la mancanza di scelta. Adesso che ho finito di leggere il tuo libro, io credo che la mia vita si  possa riassumere nell'istante di tempo della Finale Mondiale del 1990 contro Cuba che trascorre tra la tua schiacciata e il momento in cui la palla va fuori dopo aver toccato il muro avversario: tu che schiacci sono io e la palla che va fuori è la mia disabilità; il muro può simboleggiare gli ostacoli che la disabilità crea, infatti la palla lo tocca. In ogni caso finisce sempre con me che esco vincitore da quella Finale; una Finale che rappresenta tutti i sacrifici che io insieme ai miei genitori ho fatto e continuo a fare affinché la disabilità non l'avesse e non l'abbia mai vinta. Quindi se ci pensi la mia vita non è tanto diversa dalla tua: certo, tu hai vinto scudetti, medaglie, premi e coppe di ogni genere; ma io ho vinto, sto vincendo e (anche grazie alla forte spinta motivazionale che il tuo libro mi ha dato) sono sicuro che riuscirò a vincere tante battaglie nella mia vita,  perché come recita uno dei tuoi tanti motti: “ Non bisogna arrendersi mai finché non si vince, sé stessi o una medaglia non fa molta differenza”. Andrea Tomassini