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Coronavirus, Ternana: il fratello di Schenardi in terapia intensiva da 48 giorni

Marco Schenardi

Luca Mercadini
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“La mia provincia, quella di Piacenza, è la più colpita in Italia dal Covid 19, in termini percentuali più di quelle di Bergamo e Brescia. E forse paga proprio la vicinanza a territori così duramente provati dal contagio. Del resto rappresenta una sorta di finestra emiliana sulla Lombardia, con tantissime persone che lavorano, studiano o trascorrono il tempo libero nelle zone sovra-citate o in quelle di Cremona e Milano. In ogni caso questa terribile tragedia sanitaria coinvolge anche i miei affetti più cari”.   Marco Schenardi si sofferma col consueto equilibrio, dunque con grande sobrietà e con altrettanta sincerità, sul proprio dramma familiare.   “Il mio pensiero – spiega l'allenatore della Under 15 rossoverde della Ternana – va a mio fratello Massimo, che ha un anno meno di me ed è appena giunto al quarantottesimo giorno di ricovero in terapia intensiva. Adesso sembra fuori pericolo ma è reduce da un periodo complicatissimo, trascorso tra gli ospedali di Piacenza, Bologna e Castel San Giovanni. La sua tempra forte, la sua incredibile forza di volontà e le intense cure mediche ricevute gli consentono di intravedere la luce in fondo al tunnel, però i rischi corsi sono notevoli, tanto che prima di esultare per lo scampato pericolo preferisco attendere ancora. Siamo legatissimi, lui è da sempre il mio primo tifoso. Nel frattempo festeggio virtualmente il ritorno a casa dopo prolungate degenze ospedaliere dei miei genitori, mentre piango la scomparsa di mio zio Sergio”.   Come valuti la cosiddetta Fase 2, al via nelle prossime ore?   “Sono privo di conoscenze specifiche e quindi mi affido doverosamente al parere degli scienziati, che predicano cautela. Giusto ripartire, giusto farlo gradualmente, perché a quanto pare il rischio di una nuova ondata di contagi non sarebbe affatto escluso e potrebbe avere conseguenze catastrofiche in termini di ricoveri e decessi. Insomma, massima prudenza”.   Discorso valido anche per il calcio?   “Sì, perché si tratta di uno sport di contatto e i protocolli sanitari da mettere in campo mi sembrano inapplicabili in C, per evidenti limiti logistici ed economici, e difficilmente attuabili perfino in A. Tuttavia in attesa del Consiglio Federale di venerdì evito qualsiasi previsione”.   A tuo avviso quale sarebbe la soluzione migliore per la terza serie?   “Tornare in campo a fine agosto, ovviamente a porte chiuse, completando la regular season oppure disputando soltanto i play off. Magari in versione ridotta, ma con la partecipazione della vincente della Coppa Italia”.