
Compagni di merende, Giancarlo Lotti tra le confessioni e la morte per l'alcol

Oltre a Pietro Pacciani e a Mario Vanni, nella vicenda del Mostro di Firenze, il terzo coinvolto fu Giancarlo Lotti. Nato a settembre del 1940 a San Casciano Val di Pesa, detto Katanga, ebbe una infanzia molto difficile e gli anni successivi furono anche drammatici. Il padre Primo era un bevitore e mori nel 1966, 67enne, mentre la madre morì quando lui di anni ne aveva 35. Giancarlo Lotti fu isolato dal resto della famiglia perché già da ragazzo iniziò a bere ed aveva problemi intellettivi. Viveva addirittura grazie agli aiuti della Caritas.
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Nell'epoca del processo per il Mostro di Firenze fu incastrato da un suo amico, Fernando Pucci, che sostenne che era stato proprio lui a condurlo sul luogo del delitto di Scopeti. A quel punto Giancarlo Lotti ammise di essere stato presente proprio durante gli omicidi, ma a sua volta accusò Vanni e Pacciani. In seguito, però, arrivò anche ad incolparsi di altri tre crimini e le sue confessioni furono giudicate attendibili dagli inquirenti, nonostante i difensori di Pietro Pacciani continuarono a sostenere con forza che era soltanto un mitomane.
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Lotti non è riuscito ad ottenere alcun beneficio come collaboratore di giustizia da quelle che furono le sue confessioni e le accuse agli altri compagni di merende. Fu condannato inizialmente ad una pena di 30 anni, poi a 26. Venne scarcerato il 15 marzo 2002 per gravi motivi di salute: soffriva infatti per un tumore al fegato e il 30 marzo morì all'ospedale San Paolo di Milano. Aveva appena 61 anni. Il giudice nella sentenza di appello ha definito Giancarlo Lotti una persona "intrinsecamente credibile non soltanto per quanto attiene i propri comportamenti criminali ma anche per quanto riguarda i delitti commessi dai suoi complici. D'altro canto le sue dichiarazioni accusatorie sono apparse sempre riscontrate in maniera precisa e inconfutabile".