
Mita Medici: "Vi racconto il Califfo e il nostro amore"

Il loro amore sì che fece scandalo alla fine degli anni ‘60 perché allora non passava sotto silenzio il fatto che una ragazza di 17 anni andasse a vivere “more uxorio” con un ventisettenne che oltretutto si era già guadagnato il titolo di cantante “scomodo” e “provocatore”, che già da tempo si era fatto la fama di uomo vissuto, di sciupafemmine, cinico e disincantato, complice un'infanzia senza giocattoli vissuta per la strada e nei collegi. Ma loro due erano strepitosamente belli e follemente innamorati per cui, senza tener conto del dissenso dei perbenisti, Mita Medici e Franco Califano decisero di convivere nel peccato mortale. Si erano conosciuti a Milano, nella sede della Cgd, grazie ad un comune amico, il giornalista Gianni Minà. La loro unione è durata tre anni fino al giorno in cui Mita, subodorando qualcosa, scoprì le sue bugie e il suo interesse per altre donne. Ma il loro amore, ancora oggi che lei lo ripercorre nel ricordo, “è stato bellissimo ed appassionato, fino a che è durato”. Quando Silvano Spada, proseguendo nel filone degli spettacoli dedicati ai cantautori poeti, iniziato con il suo ritorno al Todi Festival (come dimenticare lo splendido omaggio a Brassens!), ha deciso di rendere omaggio a Califano, morto nel 2013, il suo pensiero è andato subito a Mita, interprete perfetta per lo spettacolo che ha scritto e andrà in scena il 24 e il 25 agosto. Per tre motivi: perché lei lo ha amato e conosciuto bene, perché sa ben cantare e ben recitare. Ex ragazza del Piper con all'attivo diversi cd, interprete di musical e di operette, di film e di sceneggiati Patrizia Vistarini, questo il vero nome della Medici, non solo è molto bella ma è anche un'artista duttile che sa stare bene sia in palcoscenico sia davanti ad un microfono. “Questo di Spada è un progetto molto particolare - ammette - una grande idea che unisce tante cose. Io lo sentivo nell'aria, quasi una premonizione. Per me è come la chiusura di un cerchio e l'apertura di un'amicizia nuova, di un rapporto di lavoro con Spada che non conoscevo. In scena avrò accanto a me una band di giovani musicisti umbri (Codini sax, Caprini basso, Giovenali batteria, Cardoni chitarra) e intorno a me i ballerini di Luca Bruni. Vestirò Armani. Un spettacolo in grande stile”. Secondo lei il Califfo è un cantautore noto ai giovani di oggi? “A moltissimi di loro sì, a quelli che vanno al di là della musica commerciale. I ragazzi di oggi sono molto incuriositi dagli anni ‘60 e ‘70, che poi sono gli anni dei loro genitori. Perché sentono che allora c'era creatività, vitalità, coraggio. E questo spettacolo ha coraggio perché parla dell'uomo Califano, dell'artista, del poeta Califano e anche di una storia importante di due giovani che si sono incontrati in un periodo della loro vita”. Quindi nello spettacolo ci sarà anche la vostra storia d'amore? “Non parla solo della nostra storia. Dà un'immagine molto più ampia di Franco, soprattutto della sua poetica. Gli rende giustizia per quello che era, al di là dell'immagine del personaggio che si era costruito, specie negli ultimi tempi, esagerando un po' troppo. Franco era una persona molto profonda, disincantata però gentile, generosa, discreta. Alla fine ha voluto giocare con la provocazione ma in lui c'era un fondo di timidezza molto bello. Inoltre racconto attraverso le sue parole l'amore universale: l'incontro, l'innamoramento, la fine della passione. Farò, ad esempio, “Tempo piccolo” che è un pezzo meraviglioso, un po' folle come un quadro di Mirò”. Qual è la canzone di Califano che le piace di più? “Sono tutte belle ma ce ne sono alcune… Per esempio “Da molto lontano” scritta per Vianello. E poi “Amante del pensiero tuo”, bellissima e descrittiva, si presta perfettamente alla mia recitazione cantata. Quella che forse mi emoziona di più per vari motivi è 'La nevicata del ‘56'. L'ha scritta mia sorella Carla e parla di noi due. Quando Franco l'ha sentita si è fatta la sua versione al maschile lasciandone intatta la struttura. E' una canzone che per me ha un doppio significato”.