
Diritto alla salute addio, oltre la metà delle famiglie rinunciano alle prestazioni sanitarie: i motivi

Il tema è emerso più volte nel corso della pandemia, profilando la creazione di una nuova disuguaglianza. Chi si cura e chi no, chi fa prevenzione e chi no. Chi è pienamente assistito e chi no. E’ un aspetto fondamentale, che si aggancia alla piena garanzia del diritto alla salute, requisito di un Paese avanzato. Martedì 11 gennaio è uscito un dato di Cerved: oltre metà delle famiglie italiane, a causa del Covid, hanno rinunciato a prestazioni sanitarie per problemi economici, indisponibilità del servizio o inadeguatezza dell’offerta. Lunedì, la società di chirurgia ha invece messo in allerta sulla riduzione degli interventi, avvenuta in una percentuale che oscilla tra il 50 e l’80%.
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Un vero e proprio crollo, dovuto ai ricoveri per Covid sia nei reparti ordinari e nelle terapie intensive. Queste ultime, spiega la Società, “in gran parte occupate da pazienti no vax”. Da questi due studi emerge uno spaccato in cui tutto il percorso sanitario, dalla prevenzione al trattamento sino all’intervento è, di fatto, compromesso. E non è necessario lavorare troppo di fantasia per comprendere quanto questo influisca, per esempio, nei malati oncologici. Fino a metà 2021 il terremoto nell’accesso alle cure era un effetto, catastrofico, di una pandemia dagli aspetti inediti e imprevedibili.
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Ma con l’inizio della campagna vaccinale questi numeri aprono una prospettiva del tutto diversa, aggiungendo anche una componente morale – non certo moralistica - a quanti fanno la scelta di non sottoporsi all’iniezione per ragioni di protervia ideologica. Diminuire la pressione ospedaliera, tanto più di fronte ad una variante Omicron che, a detta dell’infettivologo americano Roby Bhattacharyya potrebbe essere il virus più contagioso della storia, è una priorità di urgenza collettiva. In quest’ottica dunque, il vaccino diventa una chiave di società solidale, dove ci si immunizza per proteggere se stessi e dare modo a tutti di farlo.
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