
Flavio Carboni si porta nella tomba i segreti di cinquant'anni d'Italia

Un uomo al centro della storia italiana. Quella non ufficiale, che difficilmente gli studenti liceali studieranno nei loro manuali del ventesimo secolo. Coinvolto, o secondo lui tirato in ballo, in quel mondo di mezzo nel quale la politica, la mafia, i servizi segreti deviati e la massoneria si incontrano. E decidono il futuro di una nazione. È morto a Roma Flavio Carboni, l'uomo d'affari al centro di molti dei grandi misteri italiani. Originario di Torralba, minuscolo comune di novecento anime in provincia di Sassari, aveva compiuto novanta anni da pochi giorni e sarebbe stato nella notte colpito da un infarto. Il suo nome si lega al periodo più oscuro della storia del nostro Dopoguerra. Quegli anni Settanta densi di tensioni politiche, sociali e di tanti, troppi attentati. Carboni diventa molto ricco grazie a una serie di società che gravitano nel mondo delle finanziarie e delle costruzioni edili. Ma i soldi non gli bastano. L'ambizioso sardo vuole anche il potere e così inizia a muoversi nel mondo dell'editoria.
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Compra il 35% della Nuova Sardegna e il pacchetto di maggioranza di Tuttoquotidiano, per il fallimento del quale verrà condannato in primo grado e assolto in appello, per vizio di forma. Il suo primo arresto è datato 1982. Roberto Calvi, nel tentativo di salvare il Banco Ambrosiano, si mise in affari con l'imprenditore sardo e il mafioso Pippo Calò. Una serie di operazioni molto spregiudicate, considerate immorali dal vicepresidente Roberto Rosone. Carboni, secondo le tesi accusatorie, organizzò il suo attentato grazie ai legami con la banda della Magliana. Danilo Abbruciati, detto “Er Camaleonte”, non riuscì però a ucciderlo e anzi morì proprio in quell'occasione, freddato da una guardia giurata. Il 14 gennaio 1994 il faccendiere, grande amico di Licio Gelli, venne condannato per l'attentato a Rosone a dieci anni e quattro mesi. Nel gennaio del 1996 in secondo grado fu assolto “per non avere commesso il fatto”. Nel 1999 la Suprema Corte ribadì la sua estraneità ai fatti contestati.
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I magistrati romani indagarono a lungo anche sulla morte di Roberto Calvi, trovato il 18 giugno 1982 impiccato sotto il ponte dei Frati Neri, a Londra. Una vicenda, quella del crack del Banco Ambrosiano, in cui si intersecano gli interessi dell'alta finanza, della politica, della massoneria, della mafia e persino della Chiesa. E che portò all'unica condanna definitiva nei confronti di Carboni: otto anni e sei mesi di reclusione. Nel 2010 torna agli onori delle cronache per la vicenda P3 e per un’inchiesta sugli appalti per l'energia eolica in Sardegna. Verrà indagato insieme all’ex senatore di Forza Italia Denis Verdini, al sottosegretario all’economia Nicola Cosentino e a Marcello Dell’Utri. Lo scorso 18 gennaio la sua ultima condanna: due anni e quattro mesi per riciclaggio, nell'ambito della vicenda Geovision, l' azienda di imballaggi aretina di proprietà di Valeriano Mureddu, l'imprenditore sardo, cresciuto a Rignano sull'Arno, vicino di casa di Matteo Renzi, che nel 2014 avrebbe fatto incontrare Carboni e l'allora vicepresidente di Banca Etruria, Pierluigi Boschi, padre di Maria Elena. Un uomo che si poterà nella tomba i segreti di cinquant'anni di storia italiana. Quella che non si studia sui manuali, quella che puzza di affari sporchi, legami indecenti e tanti, troppi morti innocenti.
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