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Il pretesto per un evento memorabile

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Sergio Casagrande
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L'Umbria della cultura ha una grande occasione che non dovrebbe farsi sfuggire. Partiamo da lontano: quando nel 1797 i soldati dell'Armata d'Italia, comandata da Napoleone, entrarono a Foligno, dalla Porta dell'Abbadia, già sapevano cosa cercare. E l'addetto alla requisizione delle opere d'arte (un ufficiale voluto espressamente in quell'incarico dal Bonaparte) non perse tempo: appena sceso da cavallo bussò alla porta del monastero di Sant'Anna. E con un italiano stentato che scivolava sulle c e sulle r, come si confà a un madrelingua francese, chiese semplicemente: “Dov'è l'opera? Da oggi appartiene alla Repubblica francese”. Le suore non riuscirono a pronunciare neppure una parola per difenderla. Perché prima ancora che aprissero bocca il militare aveva sbattuto sotto il loro naso una copia del Trattato di Tolentino sul quale campeggiava la firma di papa Pio VI. Su quel foglio c'era scritto che il pontefice accettava di rinunciare alla città di Avignone e, soprattutto, si impegnava a cedere alla Francia più di cento fra le statue e i dipinti più preziosi dello Stato Pontificio. Nel trattato - vergato sotto la dettatura di Napoleone - era specificato che ai francesi era concesso il diritto di entrare in tutti gli edifici (pubblici, privati o religiosi) per sottrarre le opere. Così, da allora la Madonna di Foligno - dipinta da Raffaello nel 1511 come ex voto commissionato a Roma dal folignate Sigismondo de' Comitibus, umanista e segretario personale di papa Giulio II - non ha più fatto ritorno nella sua Foligno. Nel 1816, dopo la firma di un altro trattato, quello per la restituzione alla Chiesa dei beni sottratti dal Bonaparte, il dipinto, infatti, rientrò in Italia, ma i pontefici lo vollero nella collezione vaticana. E dal Vaticano è uscito solo pochissime volte, forse addirittura soltanto due ed entrambe negli ultimi due anni. L'ultima proprio in questi giorni: la Madonna di Foligno, infatti, è stata concessa dai Musei vaticani per una mostra a Milano organizzata dal Comune meneghino in collaborazione con Ministero dei Beni culturali ed Eni. Grande l'enfasi che è stata data a questo evento, inaugurato appena giovedì scorso: un sito internet specifico dentro il portale Eni, un numero verde per prenotare le visite, inserti e servizi speciali sui principali quotidiani nazionali. Insomma: la Madonna di Foligno a Milano è diventata un evento di primo piano e di grande richiamo per il capoluogo lombardo. Il tutto mentre Foligno, che la chiede e l'aspetta da anni, resta ancora una volta bocca asciutta. Ma la colpa, in verità, di questa speranza che non viene ancora soddisfatta è proprio dei folignati e del resto degli umbri che non hanno mai fatto sentire forte la loro richiesta. Dopo l'apertura della mostra di Milano, per esempio, si è levata soltanto la voce solitaria del presidente dell'ente Giostra Quintana, Domenico Metelli, che ha ricordato il proprio impegno (dal 2004 l'ente è promotore di una petizione pubblica) per raggiungere l'ambito obiettivo. Ma silenzio totale, invece, sia dal Comune di Foligno che dalla Regione. E silenzio anche dalle associazioni e dalle fondazioni quando, invece, un coro forte, unito e determinato potrebbe sicuramente arrivare a smuovere i Musei Vaticani visto anche che nel 2012 è stata inviata perfino a Dresda. Eppure, per un'Umbria che ambisce al ruolo di capitale della cultura (Perugia è chiamata a rappresentare l'intero territorio e non solo se stessa), la sua seppur breve presenza di questo dipinto a Foligno costituirebbe un importante fiore all'occhiello per l'intera regione, permettendo di rinfrescare la memoria anche su quel grande e inestimabile patrimonio artistico e archeologico che è stato saccheggiato alla nostra terra (la Madonna di Foligno, infatti, in questa lista non è sola, basta per esempio citare, tra le tante opere che non sono più tornate, la biga d'oro di Monteleone oggi al Metropolitan di New York e il celebre Ercole di Foligno, al Louvre). Anzi, potrebbe addirittura diventare l'occasione e il pretesto per chiedere un rimpatrio collettivo di tutte le opere che hanno preso irrimediabilmente il volo e per organizzare anche qui, come a Milano, una grande mostra. Mirabile e, soprattutto, memorabile.  [email protected] Twitter: @essecia