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La follia della guerra santa

Alessandro Meluzzi
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Mai come oggi i media internazionali ci hanno mostrato tante teste tagliate in nome di Dio. E tante teste mozzate in mano a bambini e ragazzini. Pensare che il mondo delle religioni del libro possa diventare la fonte incontenibile di conflitti su scala globale è assurdo. Cristianesimo, Ebraismo e Islam rappresentano il divino ma lo concretizzano tramite un concetto obsoleto come la "guerra santa". Attribuiamo questo concetto ai musulmani e lo chiamiamo "jihad" ma, in realtà, è un precetto -alla luce delle notizie che ci giungono dal Medio Oriente- che coinvolge tutte e tre le religioni monoteistiche. È pur vero che i musulmani inverano il jihad in modo più evidente. Basta pensare a quei ragazzini che si fanno immortalare con Kalashnikov per combattere gli Occidentali e gli infedeli. Nel 2013 le Nazioni Unite contavano a Baghdad 391 baby-soldati. Molti si sono soffermati a introdurre dei distinguo sui vari tipi di Islam ma l'assenza di una gerarchia in questa religione rende il testo coranico interpretabile in modi estremi al fine di promuovere la violenza, come conseguenza della fede. Il concetto di "jihad" è ambiguo, vuol dire "esercitare il massimo sforzo", può significare "guerra interiore" ma i guerrafondai e i fondamentalisti lo traducono solo come "sconfitta degli infedeli". Il problema non è eliminare i fondamentalismi ma capire quando una cultura illiberale cerca di sopraffarne una liberale: l'uso della ragione e del dialogo sono indispensabili ma quando non è possibile utilizzarli, allora bisogna riflettere. Nel vangelo di oggi (Mt 16,21-27) Gesù spiega ai discepoli che deve recarsi a Gerusalemme per soffrire, morire e risorgere. Quando Pietro vuole dissuadere Gesù dal salire sulla croce, pensa come un uomo e non come Dio. Gesù gli risponde: “Vade retro, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!“. Ma che Dio è un Dio che chiede a se stesso di salire sulla croce? I cristiani sono, quindi, candidati necessari e gioiosi al martirio? È stato rilevato che oggi vengono uccisi più Cristiani rispetto al tempi dei Romani. È un paradosso che fa riflettere. La guerra è giusta quando serve a proteggere i deboli, sopraffatti. Gesù sale sulla croce per mostrarci come si fa ma rinunciare a proteggere i deboli, non pronti alla croce, non ha in sé nulla di evangelico. Costringere bambini e ragazzi a sacrificarsi è sbagliato. Anche Gesù ha avuto bisogno di tempo per crescere, prima di scegliere il martirio.  Con la collaborazione di Andrea Gippo