
Caldo in Italia, a luglio eccesso di mortalità del 21 per cento. I dati delle città più colpite dall'ondata di calore estiva

Il grande caldo delle prime due settimane di luglio ha generato in Italia un eccesso di mortalità del 21%. E' quanto si legge nel Report mortalità e accessi in pronto soccorso estate 2022, curato dal ministero della Salute. Numeri record per i primi quindici giorni del mese, ma è da maggio che in Italia le cifre sono aumentate a dismisura, soprattutto nelle regioni del centro sud maggiormente interessate per intensità e durata del fenomeno. Nel dettaglio, nella seconda metà di maggio la mortalità è risultata complessivamente superiore all’atteso (+10%) nelle città di Brescia, Roma, Pescara, Bari e Potenza, mentre nel mese di giugno va segnalata complessivamente una mortalità del 9% superiore all’atteso a Torino (+11%), Roma (+13%), Napoli (+15%), Bari (+23%), Palermo (+19%) e Catania (+32%).
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Si arriva quindi al record della prima quindicina di luglio. Il report mette in luce che si è osservato complessivamente un incremento significativo della mortalità pari a +21%, con incrementi in diverse delle città dove si è verificata l’ondata di calore, in particolare a Brescia (+31%), Bologna (+22%), Firenze (+22%), Roma (+28%), Viterbo (+52%), Latina (+72%), Napoli (+27%), Cagliari (+51%), Bari (+56%), Palermo (+34%), Catania (+35%) e Catanzaro (+48%). Anche a Torino si registra un eccesso di mortalità, sebbene non si siano registrate condizioni di ondata di calore ma solo giorni isolati di caldo. Il testo evidenzia come secondo l’Organizzazione mondiale della meteorologia (Wmo) le ondate di calore che si stanno osservando nell’estate 2022 rappresenteranno in futuro la nuova normalità. Quelle che stanno interessando il nostro paese sono destinate infatti a diventare più frequenti, più lunghe ed intense come evidenziato dalle recenti stime dell’Intergovernmental panel of climate change (Ipcc) nell’ultimo rapporto, con un impatto sempre più rilevante sulla salute della popolazione esposta. Le previsioni non sono affatto buone: secondo il panel di esperti dell’Ipcc, infatti, le temperature nei prossimi anni aumenteranno più velocemente nell’area del Mediterraneo e in Italia, rispetto ad altre aree del pianeta. In assenza di interventi di riduzione delle emissioni, il riscaldamento globale potrebbe superare i 2 gradi a metà secolo con una concomitanza di effetti che andranno dall’aumento delle temperature estreme, della siccità e degli incendi, alla diminuzione del manto nevoso e della velocità del vento, oltre all’incremento medio del livello del mare.
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Ma non finisce qua. Il grande caldo ha colpito anche le specie marine. Nel dettaglio, tra il 2015 e il 2019 una serie di ondate di calore ha colpito tutte le regioni del bacino mediterraneo, provocando eventi di mortalità di massa in 50 diverse specie marine come coralli, spugne, macroalghe e anche pesci. Secondo una ricerca internazionale pubblicata sulla rivista Global Change Biology cui ha partecipato l’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irbim), questi fenomeni hanno interessato migliaia di chilometri di coste mediterranee, dal Mare di Alboran sino alle coste orientali, tra la superficie e i 45 metri di profondità. “Purtroppo, i risultati del lavoro mostrano per la prima volta un'accelerazione degli impatti ecologici associati ai cambiamenti climatici, una minaccia senza precedenti per la salute e il funzionamento dei suoi ecosistemi. Preoccupa, inoltre, l’interazione tra il riscaldamento e la presenza di nuovi patogeni negli ambienti marini con effetti ancora poco conosciuti. Dall'eccezione alla norma, la crisi climatica sta colpendo gravemente gli ecosistemi marini di tutto il mondo e il Mediterraneo è un hotspot di particolare rilievo”, spiega Ernesto Azzurro, ricercatore del Cnr-Irbim. I dati forniti dallo studio hanno permesso di dimostrare che esiste una relazione significativa tra la durata delle ondate di calore e l'incidenza degli eventi di mortalità. "Gli eventi di mortalità di massa nel Mediterraneo sono equivalenti agli eventi di sbiancamento osservati consecutivamente anche nella Grande Barriera Corallina, suggerendo che questi episodi sono già la norma piuttosto che l'eccezione", sottolinea Carlo Cerrano, dell’Università Politecnica delle Marche.
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