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Italia, più del 50% delle coste sono in stato di degrado: il rapporto del Wwf

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Più del 50% delle coste italiane sono in stato di degrado. A dirlo è il Wwf, nel rapporto Il profilo fragile d'Italia che apre la campagna Generazione mare. L'ente parla di "assalto alle coste italiane" con il "rischio di perdere preziosi servizi ecosistemici come la difesa dalle mareggiate e la cattura del carbonio". In tutto lo stivale, appena 1.860 chilometri di coste su 7.500, pari al 23%, sono ancora naturali per almeno 5 chilometri.

 

 

Secondo il nuovo documento - messo a punto dall'associazione in occasione della Giornata mondiale degli oceani che si celebra domani, 8 giugno - "industrie, espansione urbana e turistica", abbassamento "delle dune, deforestazione ed erosione hanno alterato il profilo costiero". Tanto che "il 51% dei paesaggi costieri italiani", circa 3.300 km, è degradato". Inoltre "siamo ancora lontani dalla protezione efficace del 30% dei mari richiesta dalla strategia Ue sulla biodiversità al 2030. Nel periodo 2006-2019 - continua il Wwf - un totale di 841 chilometri di costa italiana era caratterizzato da erosione. Cambiamento climatico, inquinamento da plastica, specie aliene, ancoraggi indiscriminati e pesca eccessiva stanno deteriorando invece gli ecosistemi marini". Per quanto riguarda la pesca, "diverse specie costiere sono spesso sovrasfruttate, per l'azione combinata della pesca professionale e di quella ricreativa. Vanno poi sommati gli effetti della pesca illegale, che viene denunciata dalla maggior parte delle aree marine protette. Un "termometro" di questo fenomeno è rappresentato dal dattero di mare: nel 2020, la Guardia costiera ha registrato 10 infrazioni accertate e ha sequestrato 84 chilogrammi di datteri di mare. Nel 2015, i kg sequestrati erano stati addirittura 6.762". Gli ecosistemi costieri in salute svolgono "un ruolo cruciale nel contesto del cambiamento climatico: le praterie di Posidonia oceanica attenuano la forza delle onde, mitigando gli impatti delle mareggiate, catturano i sedimenti e contrastano quindi l'erosione. Sono un deposito fondamentale di carbonio che ha immagazzinato dall'11% al 42% delle emissioni totali di CO2 dei Paesi mediterranei. Attività illegali di pesca a strascico sotto-costa, ma anche le ancore che arano i fondali e le loro catene stanno provocano la forte regressione della posidonia nel Mediterraneo".

 

 

In base al rapporto del Wwf "il 33% degli habitat marini italiani di interesse comunitario presenta uno stato di conservazione inadeguato e solo il 26% è in uno stato di conservazione favorevole. Il 71% degli habitat dunali in direttiva sono in cattivo stato di conservazione e in regressione. Ad oggi esistono 29 aree marine protette e 2 parchi sommersi che, insieme ad altre tipologie di aree protette, nel complesso tutelano circa 308mila ettari di mare e circa 700 km di costa. Queste aree sono troppo poche e troppo piccole. Al 2019 solo il 4,53% delle acque territoriali italiane era protetto, di cui l'1,67% con un Piano di gestione implementato e appena lo 0,01% soggetto a protezione integrale". Secondo il Wwf per salvaguardare i servizi ecosistemici che coste e mari italiani ci garantiscono, e per assicurare un futuro sostenibile alle generazioni future è necessario "un impegno immediato e concreto per incrementare l'efficacia di gestione delle aree marine protette e siti Natura 2000 esistenti, incrementare l'estensione della superficie protetta nei mari italiani, garantendone una protezione efficace, implementare un Piano di gestione dello spazio marittimo basato sull'approccio ecosistemico, per garantire un'economia blu veramente sostenibile, incrementare la protezione di ecosistemi chiave come la posidonia oceanica e le dune costiere".