
E' di nuovo allarme immigrazione: sbarchi continui e inarrestabili. E l'Europa ci abbandona

Un flusso continuo e inarrestabile. La “contabilità” degli sbarchi di immigrati sulle coste italiane nelle ultime ore dà il polso di un fenomeno entrato nuovamente in una fase critica e incontrollata. A Pozzallo sbarca la “Sea Watch 3” con 400 a bordo. La Aita Mari, della Ong “Salvamento Maritimo Humanitario”, ha annunciato l’arrivo a Trapani, nelle prossime ore, con 105 persone. E poi molto frequenti sono stati anche gli approdi in Calabria, che, come testimonia Repubblica, pare sia meta preferenziale dei nuovi traffici perché la rotta consentirebbe di aggirare i controlli della guardia costiera libica. 330 a Crotone; 56 a Reggio Calabria. Altri 77 sono arrivati a Leuca, in Puglia. Numeri e frequenza che amplificano ulteriormente la dimensione dell’inerzia europea, a seguito dell’ultimo consiglio che si è svolto in questa settimana e ancora non è riuscito a mettere a sistema un ingranaggio per affrontare il problema. Dove tutto, appare, da lungo tempo, in sospeso.
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Fanno rumore, al limite, soltanto le censure morali della Commissione verso quei Paesi che vorrebbero proteggere i confini di terra con dei muri, opzione che in ogni caso non riguarderebbe il tema della rotta mediterranea e i patimenti del nostro Paese. Così come avrebbe fatto rumore, ma per fortuna è stata cassata per intervento di Mario Draghi, la parte della dichiarazione finale che additava il nostro Paese per il fenomeno degli spostamenti secondari, ossia gli sconfinamenti tra stati membri lasciando i Paesi di primo approdo. Insomma, nella dimensione comunitaria si gira ancora a vuoto. Il tema ricollocamenti è fallimentare già dai tempi di Juncker, considerando la ritrosìa dei paesi di Visegrad.
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La cooperazione per i rimpatri non funziona, visto che neanche uno su cinque di quanti non hanno titolo a restare nei Paesi europei viene rispedito nella sua terra d’origine. Fermo anche l’altro obiettivo (che pure sarebbe ragionevole ed efficace), di una sinergia con Paesi terzi, e confinanti con quelli di partenza, per una prima accoglienza di cui l’Europa potrebbe assumersi l’onere economico. Il problema è sempre quello, più volte sottolineato: attorno al controllo dell’immigrazione si gioca una parte della sfida dell’integrazione comunitaria, il mantenimento della coesione sociale e la stabilità dei sistemi di welfare. E non basta, di certo, enfatizzare l’apparente crisi del sovranismo politico (presente magari nei toni, ma non certo nei contenuti) per ignorare l’enormità del problema.
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