Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Papa Francesco, la stoccata ai preti prolissi: "Omelie massimo di 10 minuti, poveri fedeli!"

  • a
  • a
  • a

Una 'stoccata' ai sacerdoti un po' troppo prolissi, potremmo dire. La manda il Pontefice stesso, invitando alla concisione omiletica il suo esercito, onde non torturare oltre misura i poveri parrocchiani. "Pensiamo ai poveri fedeli, che devono ascoltare omelie anche di 50 minuti su argomenti che non capiscono...per favore pensate ai fedeli!". Così Papa Francesco, parlando a braccio nella Cattedrale di San Martino a Bratislava durante l’incontro con i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i seminaristi e i catechisti, invitando i vescovi e i sacerdoti a "pensare bene a come fare un’omelia, a come parlare alla gente". 

 

 

"Un’omelia di solito non può andare oltre i 10-15 minuti, perchè la gente dopo 8 minuti perde l’attenzione, a patto che sia molto interessante!". Le parole di Francesco sono state accolte da un applauso e il Papa ha quindi aggiunto scherzando: "Permettetemi una malignità, l’applauso l’hanno iniziato le suore, che sono vittime delle nostre omelie!". Ma chiusa la parentesi ironica, spazio anche per la visione di Chiesa e curia promosse dal pontefice argentino nel proprio ministero petrino: "È la prima cosa di cui abbiamo bisogno: una Chiesa che cammina insieme, che percorre le strade della vita con la fiaccola del Vangelo accesa. La Chiesa non è una fortezza, un potentato, un castello situato in alto che guarda il mondo con distanza e sufficienza" ha detto Francesco.

 

 

 

"La Chiesa deve essere umile come Gesù - ha aggiunto Bergoglio - che si è svuotato di tutto, che si è fatto povero per arricchirci: così è venuto ad abitare in mezzo a noi e a guarire la nostra umanità ferita" e dunque la Chiesa deve essere 
"umile", non separata dal mondo ma anzi abitarlo dentro. "Abitare dentro, non dimentichiamolo: condividere, camminare insieme, accogliere le domande e le attese della gente", ha spiegato Francesco. Precisando: "Questo ci aiuta a uscire dall’autoreferenzialità: il centro della Chiesa non è la Chiesa! Usciamo dalla preoccupazione eccessiva per noi stessi, per le nostre strutture, per come la società ci guarda. Immergiamoci invece nella vita reale della gente e chiediamoci: quali sono i bisogni e le attese spirituali del nostro popolo? che cosa si aspetta dalla Chiesa?". Per rispondere a queste domande il Vescovo di Roma ha proposto tre parole: libertà, creatività e dialogo