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Sogno da bambino, incubo da adulto

AUTO MERCATO AUTO CONCESSIONARIE

Sergio Casagrande
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Benzinai, meccanici, elettrauto, radiatoristi, ma anche molti carrozzieri. Personale delle concessionarie, delle raffinerie. E, ancora: conducenti delle autocisterne, operai delle industrie automobilistiche e di tutto l’indotto, da quello dei pellami a quello di tanti componenti. Presto faranno parte di un esercito di disoccupati. E i loro mestieri scompariranno per sempre e svaniranno insieme a quegli inquinanti prodotti dalle auto, dai bus e dai camion mossi con propulsori tradizionali: benzina, diesel, bifuel. La notizia che avremmo detto addio al motore a scoppio era nell’aria da tempo. E circolava da anni insieme a quelle sostanze che ci tolgono il respiro e causano gravi malanni: il monossido di carbonio; gli idrocarburi non combusti; gli ossidi di azoto; quelli di zolfo; il particolato; e le polveri sottili, quest’ultime destinate, comunque, a rimanere per sempre. O, almeno, fintanto che ci sarà qualcosa in movimento sulle strade. Ieri è, quindi, arrivata soltanto la conferma, con il via libera definitivo dell’Europarlamento, che dal 2035, nella Ue, non potranno più essere venduti veicoli che non siano con propulsori a emissioni zero. Compresi, quindi, anche i mezzi con motori ibridi che, in questo primo quarto del XXI secolo qualcuno ci aveva fatto credere essere eco-friendly.

Da adulto che da bambino sognava un mondo più pulito, sono contento. Da adulto, figlio di una generazione che ha conosciuto l’ultimo scorcio del boom economico insieme ai vantaggi della mobilità alla portata di tutti e ha visto, anno dopo anno, il diritto al lavoro diventare per molti un miraggio, guardo alla realtà. E sono molto preoccupato. Perché l’auto di domani oggi, in verità, non c’è. O meglio c’è, ma non può essere ancora per tutti. E, soprattutto non può sostituire in tutto e per tutto, nemmeno nell’arco dei prossimi 12 anni, le auto con i propulsori tradizionali senza che non si debbano affrontare, di petto, problemi che, per molti Paesi della Ue e in particolare per l’Italia, possono essere di portata biblica. L’auto elettrica e l’auto a idrogeno, oggi, esistono. Ma produrle costa un botto e, soprattutto, è ancora impossibile ricaricarle, ovunque, con la stessa facilità e con la stessa rapidità delle auto che vanno rifornite di benzina o gasolio. Inoltre, la rete elettrica - che nel nostro Paese solo pochi anni fa andò ko perché gli italiani avevano caldo e avevano acceso contemporaneamente troppi condizionatori - non è in grado di garantire una massiccia richiesta di energia. Neppure in quegli Stati che oggi esportano corrente agli altri Paesi europei.

Le batterie delle auto elettriche non riescono a offrire autonomie accettabili per chi fa un uso intenso e a lungo raggio dei mezzi di trasporto. Produrle ha costi elevati e servono metalli rari diventati, con l’aumento delle estrazioni, perfino preziosi. E, poi, col passare degli anni e l’incremento degli utilizzi, andranno smaltite in quantità esorbitanti. La maggioranza delle industrie automobilistiche europee e di quelle dell’indotto o è molto indietro o non ha ancora affrontato neppure la possibilità di una piena conversione.
Il provvedimento appena approvato, poi, riguarda solo la Ue che, nel mondo globalizzato e in quello inquinato, ha un peso in calo ogni anno che passa e ormai è molto vicino al valore che uno stato come San Marino ha per il resto d’Italia. I sacrifici che gli europei dovranno affrontare da qui al 2035 - e anche per molti anni a seguire - saranno, quindi, tanti e con l’altissima probabilità, se non troveranno rapidamente seguaci nel resto del mondo, che non serviranno a salvare il pianeta. E, forse, neppure a migliorarlo in una maniera minimamente apprezzabile. Perché, comunque, ci sarà proprio il resto del mondo, la maggioranza del resto del mondo, che continuerà a muoversi con i mezzi a propulsione tradizionale. E magari, questa maggioranza che oggi vede in testa i grandi Paesi dell’Asia, lo continuerà a fare vendendoci pure a caro prezzo le materie prime, le tecnologie e i componenti che, già oggi, sappiamo di non essere in grado di produrre in proprio per avere tutte le auto a emissioni zero. Meglio, allora, chiudere gli occhi e tornare a sognare un mondo pulito, come quando ero bambino. L’auto elettrica, allora ce l’avevo pure. Era rossa, il mio giocattolo preferito. Quando rimanevo con la batteria scarica andava avanti a pedali. E, forse, è per questo che non riuscivo a vedere quello che vedo oggi.

Sergio Casagrande

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Twitter: @essecia