
Costretta a indossare il velo e resa schiava

L'avrebbe ridotta in schiava. Tra prevaricazioni di ogni tipo. Con le giornate scandite da minacce di morte, umiliazioni e tante botte. Soprattutto perché lei (marocchina di origine ma da molti anni residente in Umbria) voleva semplicemente vivere all'occidentale. Con il marito-padrone che le impediva quasi sempre di uscire di casa, naturalmente al suo rifiuto di indossare il velo. E bastava che la giovane azzardasse un rossetto più marcato o vestisse gonne più corte del solito per scatenare la furia dell'uomo (il 30enne marocchino A.B.). Fino quando la poveretta, dopo due vere e proprie aggressioni violente con tanto di referto medico del pronto soccorso dell'ospedale Santa Maria della Misericordia, non ha trovato il coraggio di scappare dall'abitazione (rifugiandosi da una amica, che abita nelle Marche). Per poi denunciare il tutto ai carabinieri di Bastia Umbra. Da qui le indagini e il procedimento a carico dello straniero con l'accusa di maltrattamenti e lesioni. Con il giudice per l'udienza preliminare Piercarlo Frabotta che, dopo aver ricostruito nei dettagli la drammatica vicenda e aver ascoltato le diverse parti in causa, ieri mattina ha rinviato a processo il trentenne. Con processo che a questo punto spalancherà le sue porte nel mese di novembre prossimo. La ex moglie si è costituita parte civile con l'avvocato Maurita Lombardi. Tornando ai fatti risalenti al settembre 2015, la vittima aveva anche riferito alle forze dell'ordine “che per quasi dieci giorni era stata obbligata a vivere senza acqua e senza gas a seguito del trasferimento improvviso in un altro appartamento”.