
Tremila euro per smettere di fumare: finisce in ospedale

Una ternana di 74 anni querela un'azienda toscana che le ha proposto un metodo a pagamento per perdere il vizio
Tremila euro e rotti per smettere di fumare non sono pochi. Specie se il tutto non va a buon fine e, soprattutto, se la protagonista del tentativo finisce in ospedale. La vicenda, sbarcata in tribunale, ha come protagonista una 74enne di Terni. Nel 2010 la donna viene contattata daun'azienda toscana specializzata in terapie antifumo. Un po' l'insistenza, un po' la voglia di smettere, alla fine la signora accetta. Con un'operazione lampo viene convocata presso uno studio fisioterapico dove le illustrano il trattamento e, soprattutto, le modalità di pagamento: 100 euro di acconto e 3.150 attraverso un finanziamento da restituire a rate. La cifra è di quelle impegnative ma la donna, che in testa ha un obiettivo preciso, decide di accettare. Il trattamento dura un'ora e consiste nell'applicazione di una sorta di laser ai lobi delle orecchie. Alla fine la rimandano a casa, con alcune scarne indicazioni su cosa fare per rendere la cura ancora più efficace: “Beva acqua e limone e faccia un po' di moto”. I problemi arrivano nel giro di poche ore sottoforma di tachicardia, vertigini e un leggero stato confusionale. Dopo aver consultato la guardia medica, la donna è costretta ad andare in ospedale. Alla fine il problema rientra, ma solo diversi giorni dopo e grazie alle terapie mediche. Nel frattempo, i contatti con l'azienda non si sonointerrotti. Solo che le risposte si sono fatte via via meno cortesi rispetto ai primi giorni. Anzi, quasi scocciate. Riesce ad ottenere un incontro con il responsabile che si dice disponibile a stracciare l'accordo,ma solo dietro il pagamento di un corrispettivo. È a quel punto che la donna, sentendosi raggirata, decide di sporgere querela. A giudizio, per truffa, ci sono finiti i due amministratori della società interessata dalla vicenda. Nell'udienza di lunedì mattina, la donna si è costituita parte civile attraverso gli avvocati Maria Letizia Caristia e David Rossi. In aula ci si tornerà il 23 giugno per ascoltare proprio la parte offesa.