Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

I sindacati di polizia:"E' immigrato clandestinol'identikit dello spacciatore"

Palazzo Cesaroni

Audizione organizzata dalla Commissione del Consiglio regionale su "Analisi dei fenomeni di criminalità organizzata e dipendenze" svolta con i principali sindacati di polizia

Claudio Bianconi
  • a
  • a
  • a

 I problemi legati allo spaccio, alla tossicodipendenza e al consumo di stupefacenti, il trattamento e l'espulsione degli spacciatori extracomunitari, oltre ai fenomeni di infiltrazione mafiosa e quelli legati soprattutto ad altre organizzazioni criminali sono stati i temi al centro di un'audizione che la Commissione del Consiglio regionale su "Analisi dei fenomeni di criminalita' organizzata e dipendenze" ha svolto con i principali sindacati di polizia. Alla seduta di stamani, nel palazzo Cesaroni a Perugia, oltre a Paolo Brutti, presidente della Commissione, sono intervenuti i rappresentati delle sigle Siulp (Massimo Pici), Ugl (Massimo Granocchia), Consap (Antonio Errico), Sap (Fabio Tristaino).  Il presidente della commissione, Paolo Brutti, ricordando come "sia cambiato il rapporto tra consumo e tossicodipendenza, visto che ora i consumatori sono moltissimi e non solo tossicodipendenti", e come "ci sia stata una dilatazione enorme del mercato e dello spaccio di droga a Perugia", ha chiesto ai sindacati di polizia di esprimere dei pareri in merito e di avanzare possibili soluzioni. Per Pici, del Siulp, che il clandestino vada in carcere "è assurdo, considerato che lo stato di clandestinità non cessa dopo l'arresto". Sempre secondo il segretario provinciale del Siulp "a caratterizzare per il 90% la piazza dello spaccio a Perugia è il clandestino e quindi la nostra proposta è di rimpatriare tutti quelli che sono senza documenti e che vengono solo per delinquere, fermo restando l'accoglienza di chi viene da guerre o da forti disagi sociali". Brutti ha quindi invitato i rappresentanti dei sindacati a parlare anche di "strategie di contenimento degli spacciatori" e ha chiesto "se l'allontanamento rapido di spacciatori può essere assistito in Umbria da qualche struttura come i centri di identificazione ed espulsione". Favorevole alla distribuzione di Cie su tutto il territorio nazionale è il Siulp, come ha sottolineato ancora Pici: "Questa è l'unica strategia vincente, e se la vediamo anche in un'ottica di risparmio i costi di questa struttura sono minori di quelli di un carcere, per non parlare dei costi giudiziari visto che ogni spacciatore viene arrestato quasi sempre quattro o cinque volte". Contrario invece è il rappresentante dell'Ugl, Granocchia, per il quale "istituire un Cie in Umbria porterebbe ulteriore degrado, considerato il fallimento delle altre strutture in Italia che hanno solo il 50% delle persone accompagnate in questi centri che vengono poi espulse, lasciando quindi il restante 50% di nuovo libero nel territorio". Per Pici, "meglio comunque rimandare a casa il 50% invece che niente". Una soluzione immediata, e che mette d'accordo tutti, evidenziata anche da Errico del Consap e Tristaino del Sap, "potrebbe essere quella di utilizzare al meglio le strutture che ci sono, assegnando però ad ogni Cie una competenza territoriale, creando delle strutture di carattere regionale e superando così l'attuale gestione diretta fatta da una sala di regia centrale del ministero dell'Interno, in modo da stabilire la ripartizione dei posti tenendo in considerazione i problemi che ha ogni singola citta'". A spiegare poi che la piazza di spaccio "è formata da organizzazioni criminali albanesi e nigeriane" e che "non ci sono strutture mafiose a gestirla, visto che qui a Perugia la mentalità non omertosa non permette l'infiltrazione di queste cellule", è stato ancora Pici, il quale ha poi avanzato delle proposte per "rendere meno facile il lavoro degli spacciatori": per quanto riguarda gli affitti in nero ("una prima confisca che andasse a buon fine ci permetterebbe di essere più incisivi") ed in merito ad una politica di sequestro del numero telefonico ("il cellulare è 'l'ufficio' del clandestino spacciatore, che può avere anche fino ad 80 schede, con il numero telefonico che passa di mano in mano"). Roberto Roscioli (Siulp) ha sottolineato che "la quasi totalità di questo spaccio è riconducibile alla Tunisia e in particolare alla città di Tunisi. Qui a Perugia - ha spiegato Roscioli, ricordando come tutto sia riscontrato da intercettazioni e effettivi trasferimenti di denaro - i tunisini replicano i loro quartieri e rimandano a casa i soldi, fino a 200.000 euro l'anno, con i genitori che, seppure consapevoli che questi proventi arrivino da attività illecite, li utilizzano prima di tutto per recuperare quelli spesi per arrivare in Italia". L'invito rivolto ai politici presenti in audizione è stato quindi quello "di fare qualcosa in collaborazione con le autorità tunisine, magari anche aprendo un consolato qui a Perugia che punti a migliorare questa situazione".