
La ragazza col turbante

“Le prime a dirmi che volevano i turbanti coloratissimi come quelli che indossavo durante la chemio, due anni fa, sono state le ragazze dell'Oncologico di Bari. Oggi ho un negozio on line, vendo turbanti in mezzo mondo”. Carmela Palermo, 39 anni, vive a Bitonto: “la mia è una storia di rinascita e, mi auguro, di esempio per le donne che affrontano i momenti drammatici che ho passato io, quelli che ti tolgono progetti e femminilità”. Nel 2015 le è stato diagnosticato un carcinoma mammario: inoperabile al momento, ha dovuto fare 18 cicli di chemio, più un anno di mantenimento. Con il fratello gestiva un ristorante: “causa di tanto stress. La mia piramide, allora, era completamente capovolta, lavoravo fino a notte, prima di tutti venivano i clienti, poi la mia famiglia, se avanzava un po' di tempo pensavo a me”. La diagnosi nefasta ha cambiato tutto: “le prime settimane sono state tremende, pensavo di non avere più tempo, che era finito tutto, non facevo più progetti, mettevo a posto le cose in sospeso. La speranza me l'hanno restituita gli oncologi in ospedale: macché finita, mi dicevano, è un anno della tua vita, una parentesi . Anche il mio compagno è stato straordinario: faceva il calciatore, serie minori, ha abbandonato tutto e non mi ha più lasciato sola. Come i miei genitori del resto: il male si nutre del male, con l'affetto, la forza, il coraggio attorno a me, circondata solo da gente positiva è stato diverso. Con la chemio e con l'amore ho ottenuto la remissione completa della malattia: dopo 12 settimane di trattamento e la mastectomia totale del seno sinistro, il tumore all'inizio molto esteso è scomparso. Ce l'avevo fatta, i medici si complimentavano con me, io non finivo di ringraziarli, ero una speranza per le altre pazienti”. E i turbanti? “Una storia che mi è caduta addosso. Nei corridoi dell'ospedale mi avevano subito soprannominata ‘la ragazza con i turbanti': tutti i giorni, durante la chemio, indossavo foulard bellissimi. Non voglio sembrare un mostro, mi ero detta. E così mi sono reinventata: tessuti coloratissimi, rainbow, pieni di volume, quei turbanti li sfoggiavo, non li indossavo e basta. Ero cambiata. Mi vedevo nuovamente bella, di una bellezza diversa, fatta di serenità, disponibilità. ‘Dove li compri?' mi chiedevano. Ho cominciato a darne in giro qualcuno: so cucire, i miei avevano una piccola azienda tessile. ‘Fammelo più grande, restringilo, me lo cuci così?' era un continuo. D'estate la voce si è sparsa in tutta Bitonto, le ragazze venivano a trovarmi chiedendo del turbante per moda, non per necessità. Per star dietro alle richieste ho cominciato a farmi aiutare, al ristorante non sono più andata. Ho fatto ricerche, desideravo i tessuti più belli, i wax africani, cotoni speciali, ho viaggiato per comprarli. Presto sono passata alla ciniglia, alle sete pregiate: a commissionarmi i turbanti erano ormai pure le boutique. La mia vita si popolava intanto di altra gente meravigliosa: con Dominga, una make up artist con un sito per pazienti oncologici, una che trucca e aiuta con il look le donne ricoverate in ospedale, abbiamo aperto un negozio on line, vendiamo i turbanti in tutto il mondo, a New York, in Australia, a Berlino. Abbiamo avviato una collaborazione con una boutique di Parigi. Un consiglio? Meglio gold per le serate, di cotone per il mare, ciniglia per l'inverno, oro e pizzo bianco per la sposa. Tutti turbanti speciali, con una storia dentro”.