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Ascoltiamo papa Francesco, è lui il vero leader globale

Michele Cucuzza
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Come non farsi catturare, per acconsentire, dalle parole di Francesco? Nel pieno di un nuovo scandalo ‘Vatileaks' con al centro ‘corvi' - con arresti e inchieste per intercettazioni dello stesso Papa e documenti riservati passati ai giornalisti, indagati anche loro - dal quale sono nate domande ancora senza risposta su cosa stia succedendo davvero al di là delle mura leonine, il Pontefice, come noncurante, con lucida profondità, coglie anche a Firenze i nodi del nostri tempo e ce li presenta col suo sguardo di unico vero leader globale, come ormai si è indiscutibilmente affermato mentre svolge la missione di realizzare gli obiettivi del Concilio e portare la Chiesa nella modernità. Con tre messaggi precisi, rivolti ai giovani, ai vescovi, ai fedeli, che poi - come sempre, quando parla Francesco - sono destinati a tutti, laici compresi. Ai ragazzi ha chiesto l'impegno, anche direttamente politico: “Superate l'apatia” anzitutto e subito dopo: “Vi chiedo di essere costruttori dell'Italia, di mettervi al lavoro per un paese migliore. Non guardate dal balcone la vita, ma impegnatevi, immergetevi nell'ampio dialogo sociale e politico”. Forse anche un' indiretta risposta all'antipolitica, all'idea che riconduce la cosa pubblica ai partiti, che notoriamente non godono di grande considerazione, anche solo a leggere i giornali. E infatti ecco l'appello a combattere fino in fondo il cancro della corruzione e il veleno dell'illegalità, con l'antidoto immediatamente suggerito: “Dentro di noi e insieme agli altri, non stanchiamoci mai di lottare per la verità”. Non è una cosa facile, Francesco lo sa bene: “Però è una decisione vitale, che deve segnare profondamente l'esistenza di ciascuno e anche della società, perché sia più giusta e onesta”. Sembra il manifesto di un nuovo patto tra i cittadini e invece sono le parole di un pontefice che conosce molto bene le cose del mondo. C'è bisogno di affermazioni come queste, anche solo per contrastare i cattivi esempi che senza sosta nei media siamo costretti a raccontare. Come fare della legalità e dell'etica un credo per tutti, fedeli e laici, se - ogni giorno - non c'è costantemente qualcuno che ce lo ricorda, qualcuno che, forse suo malgrado, sta comunque in alto, che le tv si contendono e che conosce i malumori e la stanchezza della gente? “Non dobbiamo essere ossessionati dal potere”, insiste il Papa, rivolgendosi ai vescovi come se parlasse a chiunque di noi. E, citando don Camillo, chiede a Dio di proteggere la Chiesa “da ogni surrogato di potere, di immagine, di denaro”, convinto che “la povertà evangelica sia creativa e ricca di speranza”. In questo senso il Papa predilige una Chiesa “inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti, libera e aperta alle sfide del presente, mai in difensiva nel timore di perdere qualcosa: che tristezza i vescovi e i preti attaccati ai soldi”. Il messaggio è chiarissimo, i destinatari sono indicati senza perifrasi, c'è un grande cambiamento in vista, ma anche in questo caso le parole di Francesco valgono per tutti, in un mondo dove è difficile - come predica il Papa - andare controcorrente. Infine gli appelli ai fedeli: nel ricordo degli operai cinesi morti a Prato, il dito puntato contro “lo sfruttamento del lavoro umano e delle condizioni di vita di chi presta la sua opera”. Cui vanno contrapposti rispetto, accoglienza e un lavoro degno. E gli esempi, ancora: l'incontro con gli ammalati e il pranzo con i poveri, con piatti, posate e bicchieri di plastica. Gesti simbolici, certo. Ma non solo: abbiamo bisogno di questo stile ai vertici, di avvertire in chi è leader - anche solo morale - il bisogno della vicinanza con la gente, di “un umanesimo popolare, umile, generoso, lieto”. A qualcuno sembreranno le parole semplici di un parroco d'altri tempi, come quello raccontato da Guareschi: sono invece i principi di chi, oggi, sa marcare la distanza dal privilegio, da quel mondo a parte così inviso alla gente.  @michelecucuzza