
La lotta al tumore

Il tumore è sempre più una malattia curabile, nel 90% dei casi ormai si può guarire. Certo, la prevenzione, corretti stili di vita, un'alimentazione sana e - naturalmente - la diagnosi precoce restano basilari. Ma quando c'è da intervenire con la chirurgia, soprattutto per i tumori solidi di colon, retto, mammella, polmone un ruolo fondamentale per unire il massimo di efficienza con sempre migliori prospettive di vita è dato dalle strutture cui il paziente si rivolge, che non possono essere scelte a caso, per sentito dire o perché le più vicine: sono i centri ad alta specializzazione dove collaborano più specialisti (oltre al chirurgo, l'oncologo, il radioterapista, l'endoscopista, l' anatomopatologo, lo psiconcologo) e dove si utilizzano le tecnologie più avanzate. Sono i centri pubblici d'eccellenza, raccomandati della Società Italiana di chirurgia oncologica (Sico). Il presidente professor Paolo Del Rio spiega come la chirurgia antitumorale sia diventata meno aggressiva, più “gentile” anzitutto perché si sono diffuse sempre più le tecniche meno invasive, come il robot e la laparoscopia che, intervenendo attraverso le pareti, evita le grandi incisioni di una volta: meno dolore, più rapido recupero postoperatorio, più veloce ritorno alla vita normale. Ma anche perché - grazie proprio ai trattamenti multidisciplinari, alla radioterapia e alla chemioterapia usata selettivamente- si è ridotta l'aggressività del tumore e quindi gli interventi si sono fatti più rispettosi dell'organo interessato: l'asportazione totale del retto (la stomia intestinale) è diminuita dal 40% degli anni '80-'90 al 10% di oggi, mentre quella della mammella è ormai confinata al 10-15% dei casi. I siti di cure ad alta specializzazione che conseguono questi risultati fanno parte del servizio sanitario, divisi tra un centinaio di strutture universitarie e ospedaliere con competenze oncologiche e una ventina di istituti di tumori sedi di ricerca e cura a carattere scientifico. Sono rintracciabili nel sito OncoGuida.it, che ha stilato una sorta di classifica tra tutti gli ospedali tenendo conto del numero di interventi chirurgici eseguiti per ogni tipo di tumore: serve a far sì che l'ammalato si rivolga alle strutture dove quel certo tipo di intervento sia considerato di routine. “Se mi opero - spiega Del Rio - dove si fa un intervento a settimana per il tumore al seno ho minori possibilità di guarigione di quante ne potrei avere dove interventi di questo genere se ne fanno 150 all'anno. Il numero più alto segnala una maggiore competenza del chirurgo e, soprattutto, dà la garanzia che quel determinato centro abbia una struttura multidisciplinare dedicata a quel tipo di tumore”. Questo dovrebbe portare, tra l'altro, a superare l'estrema frammentazione che domina nel settore: in Campania, nel 2013, il tumore dello stomaco è stato trattato in 85 strutture diverse; in tutta la Germania sono 43 i centri dove viene operato lo stesso tipo di cancro. Da noi non c'è ancora un piano oncologico nazionale che preveda percorsi tracciati dove indirizzare il paziente: per adesso solo il 30% dei pazienti approda in centri d'eccellenza; gli altri, se vanno nell'ospedale più vicino, saranno operati lì, anche se effettuano interventi sul quel tipo di tumore solamente una volta all'anno. “Questo condiziona in maniera grave - sottolinea Del Rio - l'esito della patologia: purtroppo la mortalità è più alta, come il rischio di complicanze e soprattutto c'è un'inferiore possibilità di essere curati”. Ma individuare con precisione, regione per regione, i centri di eccellenza, comporterà scelte difficili: “Bisognerebbe dire ad alcuni ospedali periferici di dedicarsi ad altri tipi di attività chirurgica, inviando chi è ammalato di tumore nelle strutture ad alta specializzazione. Non sarà facile, ma con una riorganizzazione del servizio avremmo migliore assistenza e risparmi di risorse. Essere informati può cominciare a invertire la tendenza”.