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Basta calcoli sulla pelle dei profughi

Michele Cucuzza
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Dopo il nuovo naufragio con 50 dispersi nel Canale di Sicilia, gli scontri tra polizia e migranti a Kos, proviamo a riflettere cominciando dal lato forse meno opportuno, tenendo conto di vittime e sofferenze: parliamo di costi. Se è vero che il rapporto costi-benefici dell'immigrazione registra un saldo attivo di 3,9 miliardi di euro tra le tasse pagate e i contributi previdenziali versati ogni anno dai 'nuovi italiani' da una parte e la spesa statale per il welfare, le politiche d'accoglienza e integrazione oltre al contrasto all'immigrazione irregolare dall'altra (fonte: fondazione Leone Moressia); se come indicano le cifre ufficiali, attualmente in Italia ci sono circa 150 mila profughi (l'anno scorso erano arrivati in 250 mila, 160 mila dei quali si sono trasferiti in nord Europa; se è corretto ricordare che ai clandestini che si trovano nel nostro paese non diamo nulla, mentre a chi è in attesa di risposta alla domanda di tutela come profugo o rifugiato politico o a chi risiede nei centri di accoglienza o di identificazione diamo 2,5 euro (quando ovviamente questi soldi arrivano nelle loro tasche) mentre la Commissione europea ha appena stanziato 558 milioni per la nostra emergenza migranti; se il quotidiano 'Libero' ha ricostruito in un approfondimento che tra gli istituti e ospedali che ricevono dallo stato 35 euro al giorno per l'accoglienza dei profughi c'è qualcuno che riesce a 'guadagnare' fino a 8 euro mentre dall'inchiesta 'Mafia Capitale' hanno preso corpo filoni di indagini che riguardano un presunto 'business dell'accoglienza' al CARA, il centro nazionale per i richiedenti asilo di Mineo (Catania) basato su sospette assunzioni e turbative di gara di appalto; se tutto questo è vero, porre la questione dei migranti in termini economicisti, come fa la maggior parte degli utenti dei social media, oltre che decisamente inappropriato dal punto di vista empatico, risulta anche fuori luogo: come abbiamo visto, gli integrati pagano regolarmente le tasse (45 miliardi), i clandestini non ricevono alcun aiuto pubblico mentre chi specula sui richiedenti asilo si espone alle sanzioni previste per chi viola le leggi dello stato. Il resto, oltre che richiamo alla nostra sensibilità (respingere i migranti è un atto di guerra, ha dichiarato Papa Francesco) è politica, ricerca di consenso, dove nessuno ha la verità in tasca. Non a caso c'è chi, come Salvini, reagisce affermando che respingere i clandestini è un dovere, analogamente al blog di Grillo che invoca meno accoglienza e più respingimenti, mentre per il sindaco di Parma Pizzarotti 'i problemi vanno affrontati con umanità e serietà, non con slogan, senza pensare alle conseguenze e a cosa succederà a seguito delle nostre azioni'. Ricordiamole, allora, queste azioni, in gran parte in chiave europea: c'è la missione Triton, che ha visto recentemente triplicati i fondi, destinata al controllo delle coste meridionali del Mediterraneo e, di fatto, al soccorso dei naufraghi. Le è stata affiancata un'altra missione sostanzialmente impossibile, vista la situazione di guerra civile in Libia, per la neutralizzazione degli scafisti. I rimpatri forzati dei clandestini (non dei richiedenti asilo) sono legittimi e previsti: richiedono però notevoli costi e energie organizzative e per questo sono pochissimi. Si spera che davvero se ne occupi l'UE, che deve anche avviare una politica condivisa di cooperazione economica con i paesi africani dove l'emigrazione è più consistente, per ridurla e contenerla il più possibile. Ritardi, egoismi, chiusure unilaterali (il muro ungherese, Ventimiglia, Calais), inadeguatezze organizzative contribuiscono a diffondere la sensazione dell'invasione incombente, quando la realtà inammissibile dell'emergenza è data prima di tutto dai morti (uno ogni due ore) nelle acque tra la Sicilia e l'Africa. [email protected]