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Boris Johnson si dimette: il primo ministro della Gran Bretagna resta in carica finché non verrà trovato un nuovo leader. Cosa è successo e perché ha fatto un passo indietro

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La notizia era nell'aria da ieri sera, ma adesso è ufficiale: Boris Johnson si è dimesso da leader del partito conservatore. Il primo ministro britannico ha dato l'annuncio in conferenza stampa, tenutasi di fronte l'uscio 10 Downing Street, dove risiede. Nei giorni scorsi si erano dimessi trenta ministri del suo governo, che hanno portato così anche al passo indietro di BoJo. Ma nonostante il momento estremamente critico, il Primo Ministro si è presentato alla stampa e a un gruppo di suoi fedelissimi, tra cui la moglie Carrie e il loro bambino, con un rilassato "Buon pomeriggio", e dichiarando immediatamente di avere preso atto che "il partito di maggioranza ha chiaramente deciso che ci sia bisogno di un nuovo leader e quindi di un nuovo primo ministro".

 

 

Johnson comunque resterà in carica finché non verrà trovato il suo successore e intanto ha già organizzato una serie di consultazione per nominare i trenta nuovi ministri che prenderanno il posto dei dimissionari. "Una tabella di marcia per la successione verrà resa nota nei prossimi giorni" ha comunicato l’ex leader, anche se l’ipotesi più accreditata è quella che Johnson resti a capo dell’esecutivo fino in autunno. Un’ipotesi che non piace a Keir Starmer, che ha fatto sapere questa mattina che i laburisti avanzeranno una mozione di sfiducia nei suoi confronti per costringerlo a dimissioni anticipate. Mozione che difficilmente verrebbe appoggiata però anche solo da una minoranza conservatrice, perché porterebbe a nuove elezioni in un momento in cui la maggioranza è particolarmente indebolita, come hanno dimostrato i due turni di elezioni suppletive degli ultimi mesi.

 

 

Nel suo breve discorso, Johnson ha ricordato di essere stato eletto con la più larga maggioranza dal 1987 e con la più alta percentuale dal 1979. Ha ricordato la gestione della pandemia e della campagna vaccinale, così come ha ribadito il totale appoggio da parte del Regno Unito nei confronti dell’Ucraina e della loro battaglia contro l’aggressione russa. Ma ha anche ribadito che "c’è ancora molto da fare" e nonostante abbia cercato di convincere i colleghi di partito che un cambio di leadership in questo momento potrebbe essere "eccentrico", ha anche puntualizzato che "in politica nessuno è indispensabile e che il Darwiniano sistema elettorale produrrà un nuovo leader". Triste di lasciare, BoJo ha voluto ringraziare la famiglia e il popolo della Gran Bretagna che avrà un futuro roseo. Ma come si è arrivati a tutto ciò? La posizione di Johnson era in bilico ormai da molti mesi, soprattutto a causa del Partygate, ovvero i festini che si sono tenuti a Downing Street durante le settimane più restrittive di lockdown per il paese, uno dei quali avvenuti durante il lutto nazionale a seguito della scomparsa di Filippo di Edimburgo, consorte della Regina Elisabetta II. I problemi di BoJo, comunque, sono iniziati quasi immediatamente dopo la sua clamorosamente larga vittoria alle elezioni del 2019. La gestione della pandemia, con il forte ritardo rispetto agli altri paesi europei nel prendere una posizione e mettere in sicurezza la popolazione, fu il primo campanello di allarme. In seguito ci fu la protezione nei confronti del suo consigliere personale, Dominic Cummings, poi licenziato dall’oggi al domani, altro errore strategico che ha portato a una vendetta da parte di quello che fu l’architetto della Brexit sotto forma di numerosi post contro l’ex datore di lavoro nel suo seguitissimo blog. E poi la Brexit, che Johnson ha ratificato dopo le difficoltà dell’esecutivo di Theresa May, ma che ha creato enormi problemi all’economia del Regno Unito e portato a contrasti anche pericolosi, come la spinosa questione della frontiera dell’Irlanda del Nord ancora lontana dall’essere risolta.