
Lidia Maksymowicz, i ricordi dell'Olocausto: l'esperienza come cavia di Mengele e prima bambina a ritrovare la madre

Lidia Maksymowicz, testimone dell’Olocausto e in questi giorni nelle librerie con l’autobiografia La bambina che non sapeva odiare scritta assieme a Paolo Rodari, ospite di Che tempo che fa, la trasmissione di Fabio Fazio in onda in prima serata su Rai3.
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Ma chi è Lidia Maksymowicz? Superstite dell'Olocausto, cittadina polacca di origine bielorusse, è sopravvissuta al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau ed è un'attiva testimone della Shoah. Oggi vive a Cracovia, in Polonia. I suoi nonni andarono subito alle camere a gas, sua mamma passò la selezione e andò ai lavori forzati mentre lei fu assegnata nella baracca dei bambini come cavia del famigerato dottor Mengele, l'angelo della morte. Lidia ha trascorso tre anni nel “blocco dei bambini” subendo diversi esperimenti medici come, per esempio, l’inoculazione di virus e di soluzione salina da parte del dottor Mengele sfuggito, per altro, al giudizio delle sue atrocità. La signora Lidia, nata in Bielorussia, così ricorda quel medico e antropologo noto per i crudeli esperimenti medici e di eugenetica: "Tutti i bambini sapevano chi era Mengele e ne avevano terrore. Considero una missione raccontare questa storia, lo devo a quelli che non ce l'hanno fatta e sono morti". Prima del libro a lei è stato dedicato un docufilm dal titolo 70072 La Bambina che non sapeva odiare prodotto dall'Associazione La Memoria Viva di Castellamonte sotto la regia di Elso Merlo.
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Lidia Maksymowicz ha raccontato ha poi riportato alla memoria come, finalmente, ad un certo punto ha reincontrato la mamma quando aveva più o meno diciotto anni. "Avevo sul braccio il numero che nascondevo con un cerotto per non farlo vedere. Ad un certo punto da Amburgo, dopo tante tante, tantissime ricerche, hanno trovato una donna che aveva il mio stesso numero. Hanno fatto un servizio televisivo su di me in Polonia e così è successo che ho ritrovato la mamma. La prima bambina che ha ritrovato la madre. Hanno organizzato l'incontro a Mosca. Era la primavera del 1962, non c'era un giornale, una rivista, una televisione dove non si parlasse di me e di questa storia, del ritrovamento della mia mamma. Quando sono scesa dal treno c'erano migliaia di persone che speravano, anche loro, di ritrovare i loro familiari. Tanti piangevano, era un momento molto commovente anche per loro. Io avevo in mano un mazzo di rose bianche. La mamma è svenuta e poi ci siamo viste e riabbracciate, di fatto, in albergo".
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