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Edilizia, ricetta scaccia-crisi per salvare il settore

Jacopo Barbarito
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Nuove idee per uscire dalla crisi del settore edile e ridare slancio a migliaia di imprese che, in Umbria come nel resto del Paese, sono sempre state il cardine dell'economia. L'idea è semplice: nessun rilascio del certificato di agibilità a conclusione dei lavori se, oltre all'attestazione del pagamento effettuato a favore del progettista e degli altri tecnici presenti sul cantiere, non si allega anche l'avvenuto pagamento a favore dell'impresa esecutrice dei lavori. A lanciare la proposta, nel corso del secondo congresso regionale della Fillea Cgil, che si è svolto a Spoleto, è stato il presidente provinciale di Confartigianato edilizia, Augusto Tomassini. “Nella ricostruzione post sisma il pagamento alle imprese e ai professionisti è ben normato – spiega Tomassini - vanno depositati i relativi contratti, mentre gli stati di avanzamento lavori (Sal) inviati dal direttore dei lavori vengono pagati a scadenza direttamente dalle banche. Purtroppo nei lavori privati ordinari, spesso, tutto questo è un'utopia. Tutti i giorni mi trovo ad ascoltare racconti di situazioni imbarazzanti da parte di piccole imprese artigiane, che nella maggior parte dei casi, per qualche capriccio del committente, non riescono a farsi pagare o saldare quanto pattuito, con risvolti spesso drammatici per l'impresa. A questo punto, anche la giusta battaglia per l'istituzione del Durc e della congruità della manodopera, ad esempio, si trasforma in un cappio al collo per le imprese. E il sistema giudiziario attuale è, di fatto, poco protettivo per chi lavora onestamente. Non pagare i lavori è troppo facile, basta dire ‘non ho i soldi, se per te è un problema rivolgiti ad un avvocato'. Oggi non pagare 100 mila euro di lavori, nella peggiore delle ipotesi, significherà per il creditore pagarli tra circa 8 o 10 anni, aumentati dei soli interessi di mercato. La conseguenza sarà la probabile crisi dell'impresa artigiana, oppure la mancanza di un suo indispensabile sviluppo”.