
Reddito cittadinanza, per Tridico un flop per “colpa del dibattito”

Poteva bastare la lunghissima raccolta di guai in questo ultimo anno dell’Inps, tra sistemi informatici impallati, incidenti comunicativi e altre avventure? No, ed infatti il Presidente Pasquale Tridico, oramai assurto all’immaginario nazional popolare per la vagonata di gaffes di cui si rende autore, ha detto la sua sul reddito di cittadinanza: “quello che non ha funzionato è stata la presentazione della misura da parte di tutti gli schieramenti, sia di quelli favorevoli, sia di chi era contrario. Il dibattito è stato brutto, obbrobrioso, pessimo ed è stato lontanissimo da poter valutare la proposta in termini scientifici o accademici”.
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E ha continuato: “è stato un dibattito istintivo, propagandistico, per principio avverso o per principio trionfalistico. Insomma, è stato pessimo”. Sì, ricapitolando: il problema della misura- regina del Movimento 5 Stelle - è stato il dibattito, lo scontro nato intorno ad essa. Una chiave di lettura assai surreale se la si raffronta con i dati oggettivi. Per contrapporsi ai quali non è sufficiente neanche ricordare, come fa Tridico ma anche parte del Movimento 5 Stelle e della sinistra, che il reddito di cittadinanza è stata una misura che ha consentito di contrastare la povertà. Lapalissiano, considerando che se si mettono soldi veri nelle tasche di chi è in difficoltà la situazione temporaneamente migliora. Ma non era soltanto questa la finalità alla genesi dello strumento, piuttosto il “welfare to work”, ossia un sostegno per favorire l’inclusione al lavoro. E da questo punto di vista, il fallimento è evidente. C’entra il Covid, chiaro, ma solo in parte. I numeri sono scanditi da un report della Corte dei Conti di fine 2020, secondo il quale appena il 2% dei percettori del reddito ha trovato lavoro grazie all’ausilio dei navigator, figure che avrebbero dovuto guidare il beneficiario dell’assegno verso una nuova occupazione, ma che invece non sono mai entrati a sistema. Si parla di circa 3mila operatori per 1700 euro al mese. Per il resto, si continua ad ottenere il lavoro come si è sempre fatto, ossia tramite canali propri. A questo si aggiunga che il famoso software innovativo per l’incrocio tra domande e offerte, che avrebbe dovuto rappresentare la grande novità del numero uno dell’Anpal Mimmo Parisi, non è mai arrivato. E poi si segnalano i ritardi, i buchi normativi e i paradossi. Alla prima categoria si collocano, per esempio, i lavori di pubblica utilità cui avrebbero dovuto dedicarsi i percettori del reddito nei Comuni di residenza. A costo zero per le pubbliche tasche, se non per le coperture assicurative. Ebbene, solo lo 0,5% di essi è coinvolto in progetti di questo tipo. Alla seconda categoria, quella dei buchi normativi, si riferiscono poi i decreti attuativi non approvati.
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Non proprio una questione marginale. Per esempio riguardano gli incentivi alle imprese che assumono i percettori del reddito, mai normati. Oppure la determinazione della “congruità dell’offerta” rifiutata la quale si perdeva l’assegno. Anche lì, è rimasto un vuoto, con la conseguenza che si è potuto superare il limite di due offerte ricevute. Infine, il paradosso. L’articolo 7 ter del decreto legge numero 4 del 2019, che definisce la normativa del reddito, stabilisce che nel caso in cui un soggetto venga sottoposto a misura cautelare, nel primo atto con l’autorità giudiziaria verrà interpellato da quest’ultima se gode o meno del beneficio in questione. In caso affermativo, della sua sospensione, con effetto non retroattivo, si occuperà il giudice che dovrà comunicarlo all’Inps. Niente automatismi, dunque, ma il ‘buon cuore’ dell’indagato e dei suoi familiari. Suona strano che, con questo sistema, soltanto grazie ai controlli incrociati di Guardia di Finanza e Inps vengano scoperti malfattori che ricevono il reddito senza averne i titoli? Certamente no. Ma sicuramente suona male il fatto che quando le indagini scattano sono state percepite svariate mensilità, e chissà quando e se lo Stato riuscirà mai a recuperare quei soldi. Questi sono dati e circostanze veri, oggettivi, “scientifici”. A riprova che non è certo la trincea del duello politico-giornalistico ad aver abbruttito una misura del tutto sbagliata.
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