
La Cgil vuole che si lavori di meno, ma con lo stesso stipendio. È demagogia

Per innovare bisogna lavorare di meno. Detto dal leader della Cgil non fa una grinza, il problema resta capire come si fa crescere la ricchezza nel nostro Paese.
Dice Maurizio Landini che sono sufficienti quattro giorni di lavoro a settimana, ovviamente a retribuzione invariata. L’Italia può permettersi di lavorare di meno anziché di più?
In fondo il problema è proprio questo. Semmai il tema sono i salari bassi o i contratti che non si rinnovano da troppo tempo. E non avere qualche ora in più per starsene in casa.
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Insomma, la questione è di dignità del lavoro piuttosto che della sua durata settimanale. Tanto più che semmai resta il tema della legge Fornero con le sue assurde norme in materia di età pensionabile.
A volte pare che si debba per forza di cose partire dalla fine dei problemi e mai dal loro inizio.
Prima di parlare di orario ridotto, occorre creare le condizioni affinchè il lavoro aumenti. E davvero non si capisce che cosa debbano, ad, esempio, fare le imprese di fronte ad un cambiamento delle ore lavorate. Dovrebbero assumere altri lavoratori anche se hanno difficoltà, a partire dal sistema fiscale?
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Landini ha bisogno di lanciare proposte, ma esse debbono essere realizzabili e conciliabili con l’attuale mercato del lavoro.
E se si sparano idee tanto per offrire qualcosa in pasto alla platea sindacale, non risolvono i problemi che ci sono. Dire ai datori di lavoro pagateci lo stesso anche se lavoriamo di meno pare più una mossa demagogica che altro.
Sostenere che quel che si fa in cinque giorni lo si può fare in quattro equivale a dire che si lavora male. E anche su questo ci sono responsabilità delle parti sociali che non si attenuano sventolando volantini con proposte di dubbia realizzabilità.
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