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Mercoledì a Perugia la decisione sull'ergastolo all'assassino di Pamela Mastropietro

Francesco Storace
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La giornata di mercoledì 23 novembre va cerchiata di rosso. Perché si decide se il sangue di una ragazzina fatta a pezzi vale il carcere a vita, se c’è speranza di giustizia nel nostro Paese, se chi soffre per una vita distrutta può ancora avere fiducia nelle istituzioni della Repubblica.

In appello, a Perugia, va Innocent Oseghale, il nigeriano che ammazzò Pamela Mastropietro, di cui poi distrusse il corpo con una sega. Con freddezza inaudita.

Che sia lui l’assassino è stato accertato con sentenza di condanna all’ergastolo arrivata fino alla Cassazione. Ma si torna in Corte d’Appello per stabilire se vi fu anche violenza sessuale. Ed è quello su cui conta la difesa di Oseghale per ottenere uno sconto di pena che sarebbe davvero inaccettabile. Ma la Cassazione ha chiesto un approfondimento e su quello si giocherà una partita che è drammatica.

La sentenza potrebbe essere immediata, se in Appello non si terrà conto dell’istanza della Procura generale di rinnovo del dibattimento. Oppure toccherà attendere altre udienze.

Per quel terribile delitto, il colpevole si è beccato l’ergastolo. Sarebbe devastante se gli fosse tolto il capo d’imputazione legato alla violenza sessuale e quindi scontare un numero minore di anni di carcere.

Come se non bastasse a giustificare il fine pena mai l’esecuzione di un delitto compiuto in maniera tanto orribile. Perché se si è riconosciuto definitivamente che Oseghale è stato l’assassino – ancora senza complici – e poi il macellaio di Pamela con un cinismo inusitato, la violenza sessuale può essere semmai un reato che ne aggrava il giudizio. Ma davvero senza quella prova il nigeriano se la può cavare con una pena inferiore?

I tanti che hanno seguito quel drammatico processo, non hanno dubbi sulla violenza perpetrata da Oseghale. La Corte d’Appello sarà chiamata a rendere giustizia ad una ragazzina che non meritava di certo quella fine. E nulla potrà giustificare un solo giorno in meno di reclusione del suo carnefice.