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Si fanno chiamare Terzo polo, ma rischiano di arrivare quarti

Francesco Storace
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Terzo polo a reti unificate, ma occhio al flop. Perché per Matteo Renzi e Carlo Calenda non è che ci siano tutte queste vele spiegate per salutarne l’immancabile successo.
Dopo i primi bagliori, emerge, dalla nuova alleanza più di necessità che di convinzione, il solito affresco di sempre e che riguarda ogni volta gli insoddisfatti dei poli di destra e di sinistra.
Due leader si mettono insieme per non essere riusciti a piegare a se stessi gli altri schieramenti, nel caso di Azione e Italia Viva quello di sinistra. E con un’incredibile leggerezza dicono di puntare al voto degli elettori di destra.

 


Ma ci vorrebbe un po’ più di prudenza in chi si riduce a fare una lista anziché una coalizioni di liste, segno che non si ha molta fiducia nelle proprie capacità di superare il 10% necessario in quel caso. Con un solo simbolo, basta il 3 per cento per tentare di restare a galla nel nuovo Parlamento.
E in fondo sembra davvero questo l’obiettivo dei troppi galli nel pollaio paracentrista appena nato. Calenda e Renzi devono assicurarsi anzitutto la sopravvivenza parlamentare e per questo varano un accrocco che negavano fino a pochi giorni orsono, a suon di insulti sui social (per la verità più di Calenda verso Renzi che il contrario).

 


La beata coppia di ex iscritti al Pd tenterà di offrire una scialuppa proporzionale a un po’ di personaggi, in numero abbastanza ristretto, che saranno salvati nelle nuove Camere, ma il progetto politico a suon di risentimento ben difficilmente si affermerà. Già i sondaggi hanno abbandonato le due cifre e ci si interroga su quale bassa percentuale riusciranno a posizionarsi.
La loro sarà una campagna elettorale tutt’altro che moderata per esistere e si baserà sulle solite contumelie per farsi notare. Volevano guidare l’Italia, sarà già tanto se alla fine non andranno loro fuori strada. Il Terzo polo rischia di arrivare quarto, dopo i Cinque stelle…