
Nel nome della rosa, magari arriva presto il nuovo presidente

Nel nome della rosa. Magari perché è donna. In questa competizione floreale, dove la parola dialogo sembra prevalere sulla parola guerra, un presidente della Repubblica dovrà per forza uscire. Ma è curioso ciò che accade sul cosiddetto fronte progressista. Perché colpisce un’inaspettata voglia di autonomia da parte dell’ex premier Giuseppe Conte rispetto al Pd di Enrico Letta. È uno spartito assolutamente diverso tra di loro.
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Aveva cominciato proprio Letta prendendo a male parole qualunque possibile candidato di centrodestra, come se avessero la peste (o il Covid permanente). “Faranno la fine di Silvio Berlusconi”, aveva sibilato il capo del Nazareno. Il che non è un buon viatico per l’elezione condivisa del nuovo Presidente della Repubblica. E Conte non ha mancato di farlo notare: “Non abbiamo veti da mettere contro proposte del centrodestra”. Se a questo aggiungiamo le correnti del Pd in guerra perenne tra di loro, potremmo dire che su quel fronte non ci saranno candidature all’altezza della sfida.
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Oggi la rosa l’ha tirata fuori proprio il centrodestra. E al di là dei nomi, tutti degni di ricoprire la suprema carica della Repubblica, colpisce la compattezza di na coalizione che si voleva defunta dopo il ritiro amaro della proposta Berlusconi. È vero, capita anche alla coalizione di centrodestra di discutere e litigare, ma alla fine paiono tutti davvero consapevoli che o il Colle lo si conquista ora o mai più, dopo decenni di egemonia della sinistra nella scelta dei presidenti della Repubblica. Almeno finora. Gli scrutini si incaricheranno di dimostrare veramente che cosa può succedere. E non va dimenticato il ruolo che in questa partita può giocare, con i suoi oltre 40 parlamentari, anche Matteo Renzi, trattato come n reprobo dalla sinistra. Insomma, sarà una partita da seguire fino all’ultimo per capire quale petalo uscirà fuori da questa guerra delle rose. Speriamo in una buona scelta della politica. Se c’è ancora politica.
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