
Sulla Rai il problema si chiama Pd non centrodestra. E se la neopresidente rinuncia…

Sulla Rai il tema vero è l’ingordigia del Pd. E’ quanto di sinistra c’è a Palazzo Chigi che ha determinato uno spostamento politico incredibile dell’azienda di viale Mazzini. Almeno stando ai numeri attuali del nuovo consiglio di amministrazione.
La polemica maggiore la fa Fratelli d’Italia per l’esclusione del consigliere Giampaolo Rossi, sostenendo che l’opposizione non è rappresentata.
Chi si intende delle cose Rai replica – ovviamente senza alzare la voce visto il clima – che la legge vigente non prevede la presenza dell’opposizione. Ma neanche della maggioranza, a dire la verità, perché il principio ispiratore della norma è che i consiglieri della Rai dovrebbero essere indipendenti e autonomi.
Ma siccome essi sono votati dal Parlamento è evidente l’influenza politica. La legge Renzi – l’ultima riforma della Rai - prescrive che essi siano votati dalle Camere, due membri per ciascuna. È dunque la norma a favorire i gruppi più grandi rispetto a quelli piccoli. È così che sono stati votati da Lega e Fi, da Pd e Cinque stelle.
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Semmai è questione di fair play. E se il tema è l’opposizione, tutta la maggioranza avrebbe dovuto scegliere tre consiglieri e non quattro, ma se il sacrificio fosse toccato ad uno tra Lega e Forza Italia avrebbe significato un solo consigliere per il centrodestra di governo rispetto agli altri sei. L’errore è stato nel mettere al vertice aziendale presidente e Ad di sinistra senza pretendere una rinuncia dal Pd al consigliere eletto dal Parlamento come propria “quota”. È Mario Draghi – o come si sostiene nei palazzi chi lo ha indirizzato malamente - che ha spostato l’asse interno al Cda rai, ed è lui che ora deve rimediare al pasticcio, si dice.
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Una Rai in cui il Pd predomina non è affatto una buona cosa. E per questo il tavolo va ribaltato. Secondo alcuni potrebbe accadere con il no della commissione di vigilanza alla presidente Marinella Soldi, la cui nomina deve essere ratificata in quella sede. Resta da vedere come reagirebbe il premier. Può anche darsi che prima della riunione decisiva, la neopresidente potrebbe anche rinunciare all’incarico per non farsi respingere, sussurra qualche vecchio lupo della politica…
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