
Nella guerra al premier la giustizia sarà la tomba di Conte

A Giuseppe Conte la politica va spiegata ancora. Perché se è stato abilissimo come trasformista e premier di due governi opposti, la pretesa di far fuori Mario Draghi – tutti sanno che ci proverà dai primi di agosto, a semestre bianco di Sergio Mattarella iniziato – è davvero insensata. Tanto più sulla giustizia.
Il no che l’ex premier vorrebbe imporre ai gruppi parlamentari dei Cinque stelle sulla riforma Cartabia è davvero controproducente.
Soprattutto perché coincide con una straordinaria campagna referendaria su temi collegati e che potrebbe registrare più di un milione di firme a quesito sui sei proposti da Matteo Salvini e dal Partito Radicale.
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Sulla giustizia ci sarà una fortissima spinta popolare al cambiamento e Mario Draghi lo ha compreso. Se Salvini è schierato sulle riforme portate avanti dalla Cartabia, ci sarà grande consenso. Se dovessero prevalere i conservatorismi pd e ancora peggio il vetero giustizialismo a Cinque stelle sarebbe anco più deprimente.
E qui rischia l’osso del collo proprio Giuseppe Conte, che non sopporta a Palazzo Chigi quello che considera un usurpatore. Ma sbaglia mira ed è qui l’errore politico che rischia di commettere.
L’Italia non si può permettere passi indietro e soprattutto di sbagliare su riforme essenziali per il progresso di una Nazione che deve puntare sugli investimenti anche per la crescita economica. Ed è proprio l’attuale modello giudiziario a frenare ogni approdo internazionale di risorse dalle nostre parti.
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Sulla partita della giustizia Draghi si gioca molto della sua credibilità. Ed è il motivo per cui sta incontrando uno alla volta i leader delle forze politiche che sostengono la sua larga maggioranza. Sa di non poter fare molto affidamento sugli umori pentastellati e si prepara a farsi proteggere le spalle dai partiti che vogliono essere leali con lui. È una partita su cui Conte sta imboccando la strada sbagliata, un tunnel senza ritorno.
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