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Terremoto, primo studio dell'Ingv dopo le scosse in Altotevere: "Occorre incentivare la prevenzione"

Sergio Casagrande
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Non è il caso di farsi prendere dal terrore. Perché non è detto che il pericolo possa essere imminente e, in particolare, immediato. Per giunta, sulla base della seppur lacunosa storicità sismica dell’area di Umbertide, non si trova menzione di danni catastrofici o particolarmente distruttivi a causa dei terremoti. Ma la zona dell’intera piana umbertidese che si estende lungo un buon tratto umbro del Tevere, è indubbiamente a rischio sismico a causa di movimenti tellurici che avvengono localmente, ma anche nelle aree più vicine e possono periodicamente “produrre danni diffusi e significativi agli edifici”. 

Per programmare il futuro, quindi, si deve tenere in considerazione questa certezza promuovendo, tra la popolazione, la conoscenza del rischio e delle buone pratiche per ridurre le conseguenze dei terremoti: dai più semplici accorgimenti prudenziali, all’utilizzo delle più avanzate tecniche antisismiche in occasione di ristrutturazioni e realizzazioni di nuovi edifici. E’ questo il succo che si trae dalla lettura del primo studio preliminare eseguito dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), sul terremoto di Umbertide e sulla storicità dell’attività sismica e dei danni nell’area dell’epicentro.
La ricerca, datata 11 marzo 2023 - due giorni dopo quindi le forti scosse che hanno provocato 13 tra feriti e contusi, tutti solo per scene di panico e danni a Pierantonio e Pian d’Assino, nel Comune di Umbertide e Sant’Orfeto, in quello di Perugia - porta le firme di Valeria Castelli e Filippo Bernardini dell’ Ingv di Bologna. 
Già nelle prime righe c’è una chiara considerazione: “Non si può certo dire che in questo territorio il terremoto sia un ospite inatteso”.

Un territorio scosso
da 6 forti terremoti

Si scopre, così, che sono stati 6, nell’arco della storia, i terremoti di rilievo che hanno interessato la piana di Umbertide: il primo risale al 1458 (magnitudo 5.8) ed ebbe come epicentro Città di Castello; il secondo nel 1593 , con epicentro nella stessa area di quello di giovedì scorso, come i successivi del 1828 (M. 4.9), del 1865 (M 5.1) e del 1984 (M. 5.6) il più recente. Mentre nel 1996 (M. 4.8) ce ne fu uno generato nelle vicinanze di Montone. “Allo stato attuale delle conoscenze - rileva, però, lo studio - mancano testimonianze sugli effetti di questi terremoti a Umbertide e nelle sue frazioni, ma questa lacunosità informativa è dovuta al fatto che la storia sismica di questo specifico territorio non è stata ancora oggetto di ricerche storiche mirate”. 

Monitorato
solo il sisma del 1984

Ricche, invece, le testimonianze del terremoto del 29 aprile 1984, raccontate puntualmente - aggiungiamo noi - anche dai cronisti del Corriere dell’Umbria, che proprio in quel periodo si accingeva a celebrare il primo anno di pubblicazioni e dedicò ampio spazio alle cronache dell’evento.
“Si dispone, invece - scrivono appunto i ricercatori dell’Ingv -, di testimonianze di effetti per il significativo terremoto del 29 aprile 1984, evento per cui è stata ipotizzata un’associazione con la faglia distensiva di Gubbio, che borda il lato orientale del Bacino di Gubbio immergendosi a sud-ovest sotto il bacino stesso, con direzione antitetica rispetto a quella che viene considerata la faglia Alto Tiberina”. 

A Pierantonio i danni
furono del VII Mercalli

Il terremoto di quell’anno, in particolare, è identificato dallo studio come il “responsabile dell’unico effetto macrosismico storico fin qui noto per la località di Pierantonio, valutato pari al grado VII grado della scala Mercalli”. La ricerca continua, quindi, evidenziando che in un raggio di 20-30 chilometri da Umbertide si trovano “aree sismiche storicamente molto attive e ben conosciute, come l’Alta Valtiberina (Città di Castello) a Nord, il bacino di Gubbio a Est, l’area di Gualdo Tadino-Nocera Umbra a Sud-Est”. “I terremoti che hanno origine in queste zone - viene osservato - possono essere ovviamente risentiti nell’area di Umbertide, anche con effetti di danno significativo”.

Pericolosi anche
i terremoti vicini

“Non a caso - si legge ancora nella ricerca di Viviana Castelli e Filippo Bernardini - i massimi effetti sismici storicamente documentati a Umbertide e nella vicina Montone sono dovuti a terremoti localizzati in Alta Valtiberina.  Due terremoti dell’Alta Valtiberina, quelli del 26 aprile 1458 (M. 5.8) e del 30 settembre 1789 (M. 5.9), ebbero a Montone effetti valutati rispettivamente pari al grado VII-VIII (1458) e VII Mercalli. Per questi due terremoti mancano al momento testimonianze sugli effetti a Umbertide. Ne abbiamo invece per il terremoto di Monterchi-Citerna del 26 aprile 1917 (magnitudo 6.0) che ebbe effetti pari al grado VII Mercalli sia a Montone sia a Umbertide”.

Una storia sismica
lacunosa

Riassumendo, quindi, si scopre che in verità “le storie sismiche di Montone, Umbertide e Pierantonio, le conoscenze attualmente disponibili sono assai lacunose”. Ma “l’assenza quasi totale di notizie di effetti non rispecchia però, come già osservato, un’assenza di terremoti, ma piuttosto le lacune delle ricerche fin qui svolte su questo limitato perimetro del territorio umbro”.

Non esclusi maggiori
"risentimenti sismici"

In conclusione, scrivono i due ricercatori dell’Ingv di Bologna, “allo stato attuale delle conoscenze le intensità macrosismiche massime raggiunte storicamente nell’area più direttamente interessata dai terremoti del 9 marzo 2023 restano al di sotto del VIII grado della scala Mercalli, anche se non si può escludere a priori che in futuro possano verificarsi risentimenti sismici più gravi”. 
Intensità attorno al grado VII grado della scala Mercalli, “come quelle storicamente attestate nella zona”, sono comunque ritenute “ben più forti di quelle osservate a seguito delle scosse di questi giorni e, anche se non comportano effetti catastrofici e distruttivi, implicano danni diffusi e anche significativi agli edifici”.

L'appello
alla prevenzione

Da, qui, l’invito a incentivare la prevenzione antisismica in tutta l’area interessata: “Sia le popolazioni - sono le parole finali della ricerca - che gli amministratori locali dell’area dovrebbero essere consapevoli di questa possibilità ed è auspicabile che le istituzioni e i gruppi di volontariato locali scendano in campo, per esempio nell’ambito delle iniziative della ormai affermata campagna d’informazione “Io non rischio” promossa dal Dipartimento della Protezione civile in collaborazione col mondo della ricerca e del volontariato”.
Con i terremoti, d’altronde, si può convivere. E, soprattutto, dai terremoti possiamo proteggerci. 
A volte, purtroppo, non riusciamo ad azzerare i danni, ma possiamo fare in modo che si riducano al minimo possibile.

Sergio Casagrande

[email protected]
gruppocorriere.it
Twitter: @essecia