
Eugenio Scalfari è morto, lutto nel giornalismo. Aveva fondato il quotidiano La Repubblica, se ne va a 98 anni

Lutto nel mondo del giornalismo: è morto oggi, giovedì 14 luglio, all'età di 98 anni, Eugenio Scalfari. Considerato uno dei più grandi giornalisti italiani, è stato tra l’altro il fondatore del quotidiano La Repubblica e co-fondatore del settimanale L’Espresso. Ma non solo: è stato un abile scrittore capace di spaziare dal saggio al romanzo, politico con radici azioniste, radicali e socialiste e intellettuale liberaldemocratico di spicco. Il padre del nuovo giornalismo italiano, che ha fatto scuola nel mondo, tra i maggiori giornalisti e editorialisti del secondo dopoguerra.
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Nel 1955 ha dato vita assieme ad Arrigo Benedetti alla rivista L'Espresso, mentre il quotidiano La Repubblica è nato nel 1976 e ne è stato direttore per 20 anni. Partecipò alla fondazione del Partito radicale ed è stato anche deputato per il Partito socialista italiano (1968-72), vicepresidente del Gruppo editoriale L’Espresso e insignito di prestigiose onorificenze, quali quella di cavaliere di Gran Croce della Repubblica italiana (1996) e di Chevalier de la Légion d’honneur (1999) dalla Repubblica francese. Nato a Civitavecchia il 6 aprile 1924, dopo aver iniziato gli studi al Liceo Mamiani di Roma, Scalfari si trasferisce con la famiglia a Sanremo (il padre era direttore artistico del Casinò della città dei fiori) frequentando il liceo classico G.D. Cassini dove ebbe come compagno di banco il futuro scrittore Italo Calvino. Nel 1950 si sposò con la figlia del giornalista Giulio De Benedetti, Simonetta, morta nel 2006, da cui ha avuto due figlie, Donata ed Enrica. Dalla fine degli anni Settanta Scalfari è stato sentimentalmente legato a Serena Rossetti, già segretaria di redazione de L’Espresso, che ha sposato dopo la scomparsa della moglie Simonetta.
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Laureatosi in giurisprudenza, nel 1950 Scalfari iniziò la carriera giornalistica come collaboratore de Il Mondo di Mario Pannunzio e de L’Europeo di Arrigo Benedetti. Nel 1955 partecipò con il gruppo degli Amici del Mondo alla fondazione del Partito radicale, di cui ricoprì la carica di vicesegretario nazionale (1958-63). Sempre nel 1955 Scalfari fu il fondatore de L’Espresso (che poi diresse dal 1963 al ’68). Dopo anni di gestazione, il 14 gennaio 1976 uscì il primo numero del quotidiano La Repubblica, di cui è stato il direttore-fondatore fino al 1996, restandone poi direttore onorario e raffinato editorialista, con il suo immancabile editoriale pubblicato ogni domenica in prima pagina. Attento osservatore della vita politica e del potere in Italia, Scalfari ha investigato e analizzato importanti momenti di crisi della politica italiana (come i casi Sifar, Enimont, Tangentopoli), realizzando memorabili interviste e inchieste. Intellettuale di formazione azionista e pannunzianza, ha sempre sostenuto e difeso il punto di vista laico e progressista nella politica della stato italiano. E pur dichiarandosi ateo, Scalfari ha intessuto una confidenziale amicizia con Papa Francesco, con cui ha colloquiato a più riprese realizzando anche interviste-scoop. Autore di numerosi scoop giornalistici passati dalla cronaca alla storia, nel 1967 pubblicò su L’Espresso insieme a Lino Jannuzzi l’inchiesta sul Sifar che fece conoscere il tentativo di colpo di Stato chiamato piano Solo. Il generale Giovanni De Lorenzo li querelò e i due giornalisti furono condannati rispettivamente a 15 e a 14 mesi di reclusione, malgrado la richiesta di assoluzione fatta dal pubblico Ministero Vittorio Occorsio, che era riuscito a leggere gli incartamenti integrali prima che il governo ponesse il segreto di Stato. Scalfari e Jannuzzi evitarono il carcere grazie all’immunità parlamentare loro offerta dal Partito Socialista Italiano: alle elezioni politiche del 1968 Scalfari fu eletto deputato, come indipendente nelle liste del Psi mentre Jannuzzi divenne senatore. Scalfari, che era stato eletto sia nella circoscrizione di Torino che in quella di Milano, optò per la seconda e aderì al gruppo del Psi. Restò deputato fino al 1972. Nel 1968 con la candidatura in Parlamento aveva lasciato la direzione de L’Espresso. Nei primi anni ’70 Scalfari criticò le manovre di Eugenio Cefis, prima presidente dell’Eni e poi di Montedison. E soprattutto contro Cefis fu indirizzato il celebre libro-inchiesta pubblicato con Giuseppe Turani Razza padrona (1974).
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